L'intervento
19 ott 2025
Si parla tanto di violenza di genere ma l’Italia, fra i paesi occidentali, è l’unica a non aver mai preso in considerazione l'educazione alla sessualità
Negli ultimi quarant’anni le proposte di legge dei diversi schieramenti per introdurre a scuola l’educazione all’affettività e alla sessualità sono state 37 quante sono arrivati in porto? Zero. L’Italia è fra tutti i paesi occidentali l’unica rimasta a non aver mai preso nella giusta considerazione, questo fondamentale momento educativo.
Eppure tutte le persone di buon senso riconoscono che l’educazione all’affettività può rappresentare un antidoto potente, forse l’unico davvero efficace, alla violenza di genere e ai femminicidi, porre i ragazzi a studiare a prendere in considerazione la sessualità significa decostruire gli stereotipi su cui si fonda la mentalità che fa credere a certi uomini di poter essere padroni assoluti del corpo e della mente delle donne.
Domandiamoci perché l’educazione all’affettività nel nostro paese non decolla. Sospetto, imbarazzo paura forse parlando di affettività e di sessualità è obbligatorio affrontare questioni come l’orientamento, l’identità di genere e creano ancora divisioni, anche se queste diversità di opinioni nascono più che da sguardi opposti sulla realtà da posizioni ideologiche difese, con perseveranza che diventa perseverazione; la prima è una virtù che parla di impegno, costanza, applicazione, la seconda è un comportamento psicotico che insiste nel ribadire con insistenza patologica concetti e comportamenti del tutto staccati dalla realtà.
Le pretese di chi oggi rifiuta l’educazione all’affettività, e di conseguenza alla sessualità temendo di dover parlare in modo chiaro ai nostri ragazzi di scelte legate al genere al loro orientamento è un comportamento molto vicino alla perseverazione perché rifiuta la realtà e la diversificazione dei modelli familiari di cui occorre prendere atto senza gridare al complotto contro la famiglia e senza nascondersi dietro simbolismi quello materno e quello paterno troppo importanti per essere strumentalizzati in un gioco politico, e questa affermazione non è un discorso arcobaleno.
Abbiamo dimenticato che nell’enciclica Amoris Letitia Papa Francesco ha scritto che ogni persona indipendentemente dal proprio orientamento sessuale va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, ogni persona non qualcuna meno e qualcuna di più, questo è un magistero quindi è un concetto che impegna il credente e da questo impegno deve derivare un comportamento coerente anche sul fronte educativo secondo una prospettiva in cui diversità fa rima con rispetto.
Sempre. Anche quando si affrontano questioni spinose come appunto la decisione della cassazione di cancellare le parole madre e padre dalla carta d’identità dei minori per ripristinare il termine genitore. I diritti dei deboli diceva il cardinale Tettamanzi non sono diritti deboli; i deboli sono a maggior rischio di discriminazioni; difendere i diritti vuol dire rispettare la condizione di cui si trova a vivere per l’altro con piena legittimità, ecco perché una decisione come quella della cassazione spiegata con serenità e semplicità senza sovrastrutture ideologiche può diventare un’efficace esempio di educazione all’affettività, perché parla di dignità e di rispetto, di attenzione ed impegno a non discriminare nessuno.
Tutti aspetti che dovrebbero essere approfonditi in un percorso strutturato di educazione ma di cui nessuno davvero parla i nostri ragazzi, in una prospettiva di crescita personale di diritti umani. Ma se la scuola tace, se la famiglia tace non vuol dire che i nostri ragazzi non vengono educati all’affettività da qualcun altro.
I media, i social, la strada e sempre più spesso la pornografia non stanno zitti e continuano a insegnare tutti gli stereotipi e tutti i pregiudizi che stanno alla base della violenza di genere.
La prossima volta che qualcuno in parlamento si alzerà a bocciare una proposta per introdurre a scuola l’insegnamento all’affettività e alla sessualità e comincerà a parlare di attentato alla famiglia, libertà di educazione, di responsabilità sottratta ai genitori, ai padri, le madri, sapremo da quale pesante strumentalizzazione sono segnate queste parole.
Claudio Ardigò
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