L'intervento

28 ago 2025
Guerra

Il sistema mondo alla resa dei conti e il "suicidio" dell'Unione Europea, che si sta rivelando fragile e subalterna agli Stati Uniti

Tutti ci stiamo chiedendo, immagino da un po' di tempo, cosa sta succedendo a livello internazionale e perché l’Europa, anzi l’Unione Europea, si sta riarmando due volte: una volta per dotarsi di una “autonomia strategica”, non in politica estera, ma solo sul piano militare come Rearm Europe, di fatto favorendo un gigantesco piano di riarmo nazionale della Germania; una seconda volta obbedendo al diktat di Trump di aumentare la spesa militare dei Paesi Nato fino al 5% del PIL.

Alla faccia dell’autonomia politica della stessa Unione Europea che si rivela non solo fragile ma subalterna a Washington molto più che nel passato: altro che sovranità europea e, per l’Italia, altro che sovranità nazionale! 

Il fatto è che siamo all’inizio di una resa dei conti globale e regionale, il cui esito potrebbe essere la terza guerra mondiale, come ammonì inascoltato papa Francesco, avvertito di questo rischio non solo dalla sua sensibilità ma dall’ascolto di analisti indipendenti e da quella formidabile rete di diplomazia di cui dispone nel mondo la Santa Sede. 

Come contributo laico e scientifico indipendente segnalo il recente libro “Il suicidio della Pace” di Alessandro Colombo, docente all’Università degli Studi di Milano, che ci avverte come “la guerra è tornata dalla periferia al centro del sistema internazionale, costringendo l’Europa e il mondo a confrontarsi persino con il rischio di uno scontro diretto tra grandi potenze”.  

A chi gli chiede perché ha scelto il termine “suicidio” invece che individuare i sabotatori della pace, i killer della pace e del Diritto internazionale, il prof. Colombo risponde che il fallimento dell’ordine liberale internazionale non è dovuto solo a chi lo ha deliberatamente indebolito ma anche alle sue contraddizioni interne e a chi non le ha volute affrontare con coraggio e risolvere per tempo.

Una per tutte la disuguaglianza nel trattamento e riconoscimento di Stati, popoli e minoranze, l’utilizzo neocoloniale del “doppio standard”. 

Anch’io sono convinto, dopo decine di missioni all’estero e in situazioni di conflitto, dopo aver sostenuto per decenni il primato del Diritto internazionale, il federalismo europeo, la riforma democratica dell’ONU, approvato lo Statuto della Corte Penale Internazionale, che il sistema internazionale attuale si stia suicidando.

Lo sento come un fallimento perché in quei principi continuo a crederci ma non basta crederci se poi il mondo si sta rovesciando e l’Europa muore politicamente e moralmente a Gaza, incapace com’è di fermare il genocidio in corso e l’imminente cacciata dei palestinesi dalla loro terra.  

La resa dei conti, soprattutto se violenta, non assume una sola direzione, un solo aspetto. Ci parla dell’avversario, obiettivo e oggetto con cui vogliamo regolare i conti, ma anche del soggetto che la decide e la pratica e nel praticare una violenza sistematica si snatura.

E’ il caso di Israele nei confronti di Gaza e del popolo palestinese, è il caso del regime di Putin nei confronti dell’Ucraina. E’ il caso di tanti conflitti dimenticati tra Stati o tra Stati e minoranze interne: i curdi del Rojava in Siria, i rohingya in Myanmar, la guerra civile in Sudan, le bande armate nell’est della Repubblica democratica del Congo, gli uiguri e i tibetani in Cina…

Teniamo conto poi che l’oggetto che si vuole combattere, massacrare, espellere a sua volta è un soggetto che ha una propria identità, una propria cultura, una propria volontà. Complicato? No, basta conservare un livello decente di razionalità umana che dovrebbe essere ben consapevole che “l’altro da noi” ha i nostri stessi diritti, desideri, sogni.

Per questo la violenza è stupida, la guerra è stupida. Perché disumanizza l’altro, lo trasforma in nemico o addirittura in bestia, come sta facendo la destra fondamentalista israeliana al governo con Netanyahu che considera bestie arabe i palestinesi, non esseri umani.

Quindi si possono affamare, bombardare, massacrare, cacciare dalla loro terra impunemente. Ma così facendo trasforma uno Stato democratico in uno Stato assassino, in uno Stato terrorista. Il cantautore Francesco Guccini in “Auschwitz”, canzone del 1967, levava il lamento “Ancora tuona il cannone. Ancora non è contento di sangue la “belva umana”.

Siamo ancora lì. Dopo più di cinquant’ anni, dopo il Viet-Nam, dopo la ex Jugoslavia, dopo l’Iraq, dopo l’Afghanistan siamo ancora alla politica di potenza, alla militarizzazione della sicurezza, alle tecnologie di morte più raffinate rappresentate dai droni, all’elogio della Deterrenza Nucleare Diffusa adottata come dottrina strategica non solo dagli Stati Uniti ma anche dalla Unione Europea.

Domanda: la situazione di oggi ci riporta alla guerra fredda o peggio? Purtroppo peggio, anche se questa consapevolezza non c’è ancora o non c’è abbastanza.  

Seconde le analisi dello statunitense John Mearsheimer, considerato da molti un innovatore rispetto ai classici studi sulle relazioni internazionali di Morgenthau e Waltz, il sistema bipolare basato sulla rivalità e sull’equilibrio di due soli Grandi Potenze è molto più stabile e sicuro di un sistema multipolare soprattutto se caratterizzato da una multipolarità sbilanciata come quella del mondo attuale.  

Non si capisce la pazzia di Trump, considerato a torto imprevedibile, se non la si colloca nell’attuale sistema geopolitico mondiale che vede gli Stati Uniti in declino da almeno 30 anni e risentire della concorrenza dei Paesi emergenti, in particolare dei BRICS, soprattutto della Cina, considerata da Mearsheimer 5 volte più potente sul piano economico e tecnologico della vecchia Unione Sovietica.

Trump sta tentando con dazi, ricatti e minacce, di rilanciare una impossibile egemonia statunitense in un mondo sempre più disordinato, multipolare imperfetto, caotico. Lo fa sbagliando totalmente la cura, non solo da “affarista”, ma da cinico grande reazionario quale è diventato: cultore del suprematismo bianco e razzista, del primato della forza sul diritto, del populismo antidemocratico, di un patriottismo intriso di fondamentalismo religioso.

La visione politica attuale di Trump, strumentale o convinta che sia, è più eversiva che conservatrice. E infatti il suo obiettivo è quello di ridimensionare regole e Istituzioni internazionali fino ad annullarle. Non solo l’Organizzazione mondiale del Commercio ma L’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Unesco, i Patti sul clima e persino l’ONU con la Corte di Giustizia. 

Quello che sta andando in frantumi è l’ordine internazionale uscito dalla seconda Guerra Mondiale, per la precisione sta andando in crisi la versione liberale e neoliberista che ha assunto l’ordine internazionale dopo il crollo del Muro di Berlino.  

Trump è il killer finale e il suo obiettivo è quello di sostituire l’ONU con un nuovo feudalesimo tecnocratico e gerarchico. Invece occorrerebbe rilanciare e riformare l’ONU, democratizzarla su misura di un mondo in grande trasformazione.

Questo l’errore di fondo di Trump e degli autocrati emergenti, ma errore voluto e perseguito con determinazione perché questo favorisce ed esalta l’arbitrio del più forte, rende possibile la prepotenza senza limiti di Netanyahu nei confronti di Gaza, rende possibile l’intesa con Putin perché sia Trump che Putin si sentono al di sopra di ogni legge, sostenitori del potere personale ed oligarchico, superuomini.   

Però una cosa positiva Trump la sta facendo, magari per fini poco nobili e tornaconti personali: forzare per giungere ad un negoziato e almeno ad un cessate il fuoco tra Russia ed Ucraina. Meglio se al posto di una semplice tregua si arrivasse ad un accordo definito anche sulla ripartizione dei territori contesi.

La guerra ha già causato complessivamente oltre un milione di morti. La responsabilità dell’invasione è certamente del regime di Putin e infatti la Corte penale Internazionale ha chiesto di mandarlo a processo all’Aja. Ma anche l’Unione Europea ha le sue belle responsabilità nel non aver seriamente realizzato gli accordi di autonomia per il Donbass previsti già nel 2014 da Minsk uno e Minsk due.

Per non parlare dell’”abbaiare della Nato giunta ai confini della Russia”, come si espresse papa Francesco. Il paradosso è che la più recalcitrante a favorire i negoziati è proprio l’Unione Europea, quando doveva essere l’Unione Europea a promuovere già da tempo iniziative diplomatiche per la soluzione politica del conflitto. 

A dimostrazione che viviamo in un mondo alla rovescia, dobbiamo constatare che oggi è l’Unione Europea e non gli Stati Uniti a voler prolungare il conflitto con la Russia “fino alla vittoria” (sic), a pretendere solo un cessate il fuoco per prendere tempo e riarmare ancora di più i poveri soldati ucraini.

Anche questa partita fa parte di quella resa dei conti globale e regionale di cui noi rischiamo di essere spettatori e future vittime, augurandoci che i rinascenti e bellicosi nazionalismi non ci portino al “suicidio dell’Europa”.   

Marco Pezzoni

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