L'intervento

26 dic 2025
Presepe Solarolo

L'incredibile storia del presepe ritrovato a Solarolo Monasterolo durante i lavori di sgombero di un capannone in una vecchia cascina

In terra di Po, sull’una e sull’altra riva, in ogni tempo ed in ogni stagione, accadono sovente piccoli e grandi miracoli, talvolta segni, capaci di interrogare le coscienze, risvegliare la storia, tenere vive le memorie.

A pochi giorni dal Natale, a Solarolo Monasterolo, piccola ma vivace frazione di Motta Baluffi, la sorpresa è arrivata nientemeno che durante i lavori di sgombero di un capannone sito in una vecchia cascina. Qui la Pro loco si stava occupando della rimozione di materiali e cianfrusaglie da gettare al macero quando, ai volontari, si è presentato un ritrovamento tanto curioso quanto singolare, soprattutto per la tempistica.

Tra assi e pali di legno e altri oggetti, sono tornate alla luce le sagome in compensato di un vecchio presepio: tutt’altro che materiale da discarica

In tutto quattro sagome: Maria e Giuseppe e due pastori. Un presepe che, certamente, non “viveva” il Natale da decenni, confinato dove nessuno lo cercava, finito nell’oblio e nel dimenticatoio. Tornato alla luce e subito recuperato ed affidato alle mani di Rosella Cernuzzi e del marito Sergio.

Rosella è l’“anima” del grande presepio che, da anni, viene realizzato in un campo adiacente la chiesa parrocchiale e si è subito presa a cuore, nel vero senso del termine, queste sagome. Le ha liberate dalla polvere, dalle ragnatele e le ha sistemate con l’aiuto, sempre fondamentale, del mastro falegname locale Paolo Serafini. Subito sono scattate le “indagini” (si fa per dire) per risalire alla storia, all’origine e all’originario collocamento di queste statue. 

Ma nessuno, nemmeno i più anziani e neppure i frequentatori più abituali della parrocchia ha saputo fornire la benchè minima notizia sul passato di questo pezzo di storia, subito valorizzato visto che è stato sistemato, in bella evidenza, nel luogo più adatto: l’altare maggiore della chiesa parrocchiale. Dopo decenni di dimenticatoio e di oblio, certamente la scelta migliore per questa nuova perla fluviale.

Oltretutto in un luogo ricco di storia e di fascino quale  è la chiesa parrocchiale, dedicata ai santi Pietro e Paolo, voluta da  Matilde di Canossa per ospitare i pellegrini che transitavano sul Po per arrivare a Roma o in Terra Santa.

Ai tempi Solarolo era infatti sede di un presidio di passaggio sul Po. Grazie alle memorie lasciate dai parroci, ed in modo particolare a quelle raccolte da don Mario Ghidoni e valorizzate da Rosella Cernuzzi, si conosce tanto della storia del luogo. Nel 1685 anche i reggenti del Consorzio S.Omobono (tra cui Nicolao Dusi) riconobbero al canonico titolare della Parrocchia la dotazione dei terreni posti nella località di Gera Stanga e Malcantone.

Anticamente le cascine erano chiamate frazioni, quindi la Cascina Gera, la Cascina Stanga, i Livelli Pallavicini e il Malcantone formavano il Comune unitamente a Solarolo Monasterolo. Andando inoltre a rileggersi le carte relative alle visite pastorali emerge che già dal 1675 (visita del vescovo Lodovico Settala in “SolaroliVeteris Monasteri”) esisteva una “DomumParochialem ex Cemeterio” addossata alla chiesa attraverso  i locali della sacrestia in alto sud, e la descrizione “Status Domum Parochialem” parla anche di una piccola porta di accesso a sinistra della chiesa che attraverso un piccolo vestbiolo conduceva, da un lato, in sagrestia e dall’altro nell’atrio della casa  con due piccole stanze, e la scala che conduce alle stanze superiori descrive che la casa era dotata di cucina, celle vinarie, fienile, porticati, stalla e pollaio.

La visita di Litta del1723 “De domo parochi”fornisce altri particolari sulla casa parrocchiale in buono stato di conservazione, cosa poi ribadita anche nelle visite successive dei vescovi Offredi (1808) e Novasconi (1855). I registri parrocchiali documentano l’attività religiosa a partire dal primo gennaio 1626 col parroco Francesco De Picenardi.

La mancanza di una documentazione scritta precedente nell’archivio parrocchiale può avere due spiegazioni: la prima è che solo dopo il Concilio di Trento nel 1563 fu fatto obbligo ai parroci di annotare  su appositi  registri i nati ed i morti. La seconda è che dopo la soppressione dell’ordine degli Umiliati il priore del convento, che era anche il parroco, portò probabilmente la documentazione nella casa madre di Sant’Abbondio dove potrebbe essere andata perduta.  

Don Antonio Ghidoni, (1868 – 1963) storico parroco che guidò ininterrottamente la comunità rivierasca dal 1913 al 1963 ed era animato da una notevole fede mariana (per questo andava di frequente a Lourdes in pellegrinaggio) fu promotore, in parrocchia, della realizzazione di una grotta simile a quella di Lourdes. Fu Paolo Gabelli (1846-1928) a finanziare interamente l’opera. Nel corso dei lavori, avviati nel 1931, si presentarono diversi problemi specie per la realizzazione della volta, tanto che ad opera quasi ultimata questa crollò travolgendo l’operaio Paolo Fanti che, fortunatamente, riportò solo la frattura di una gamba.

I lavori ripresero subito e la grotta fu ultimata, ed inaugurata l’11 febbraio (ricorrenza della Beata Vergine di Lourdes) 1932. Coniugato con Elvira Chiappari, Paolo Gabelli era tra l’altro intenzionato a realizzare un ospedale per il ricovero degli anziani del paese, specie quelli poveri; con testamento olografo del 31 ottobre 1923 istituì il Legato Gabelli Chiappari dotando la Congregazione di Carità di Motta Baluffi, legataria, di una parte dei suoi beni, non solo in denaro ma anche il campo Ronco, il campo Dosso e il campo Gerre del Piano ed il campo Bonelli.

Purtroppo però, tra aumenti dei prezzi, conseguenze degli eventi bellici e il forte deprezzamento della moneta il progetto non andò mai in porto. Successivamente, negli anni 1985/86, grazie al ricavato della vendita dei terreni del Legato Gabelli-Chiappari e quelli del Legato Superti si poterono  costruire  sei confortevoli alloggi per gli anziani poveri del paese. Paolo Gabelli, per la cronaca, fu anche sindaco dal 1905 al 1910.  

La grotta di Lourdes che tuttora sorge nei pressi della parrocchiale non è comunque stato il primo edificio mariano. Intorno al 1500, come ringraziamento alla Vergine per un miracolo legato al fiume Po, venne costruita la chiesa di Navèra dedicata a Maria Vergine al confine tra i territori di Dosso dè Frati e Solarolo Monasterolo dove ogni anno, il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione si festeggiava la santa Patrona con la processione lungo le rive del Navarolo e la celebrazione della messa solenne e la “Fera ad la Navera” che si mantenne anche dopo che si smise di celebrare le funzioni religiose.

Tornando, un istante, alla chiesa parrocchiale, non passa certo inosservata la alta torre campanaria, totalmente rifatta nel 1847 come non passato inosservate, sulla facciata, le statue bronzee dei santi Pietro e Paolo del Ferraroni ed un mosaico di Gesù Buon Pastore opera del Vezzoni. Internamente, la pala dell’altare maggiore, raffigurante il Battesimo di San Paolo, è opera del pittore Ubert de Lange (1650 circa) sormontato da un affresco del 1614 che rappresenta San Paolo che cade da cavallo.

Proprio a due passi da questi dipinti è stato sistemato il presepe ritrovato. Doveroso anche aggiungere, tra  la quadreria, Sant’Antonio da Padova che riceve il Bambino Gesù con ricca cornice; San Francesco che ottiene la grazie del Perdono di Assisi di G.B. Trotti detto il Malosso.

C’è anche una Sacra Famiglia di scuola veneta con la Madonna col Bambino e Santi Francescani forse del Massarotti. Anche ad un occhio distratto non sfugge il fatto che molti dei quadri sono “sproporzionati” rispetto alle dimensioni della chiesa. Un fatto, questo, che è presto spiegato.

Infatti parecchi di questi quadri provengono dalla  antica basilica cittadina di San Domenico, demolita nel 1868 per far posto ai giardini pubblici di Cremona.

Eremita del Po

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Paolo Panni

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