Attualità

01 ago 2025
Mattia Bozzetti al convegno di San Diego con il poster

Da Cremona a San Diego: la storia di Mattia Bozzetti, infermiere e ricercatore selezionato per il prestigioso "Poster Tour"

Un volo di dodici ore, due film di Christopher Nolan per ingannare il tempo e mille domande per la testa. «Come sarà un congresso internazionale?», si chiedeva Mattia Bozzetti (Incarico Funzione Professionale Ricerca e innovazione in ambito assistenziale dell'Asst Cremona) mentre oltrepassava l'oceano insieme ad altri 25 colleghi italiani. La destinazione? Il Digestive Disease Week 2025 a San Diego, uno degli eventi più importanti al mondo in ambito gastroenterologico che si è svolto dal 3 al 6 maggio 2025.
 
IL «POSTER TOUR» NON È SOLO PER INFERMIERI
 
All'evento erano presenti oltre 13.000 professionisti provenienti da tutto il mondo per partecipare a più di 400 sessioni scientifiche e 4.300 presentazioni tra poster, relazioni in presenza e online. Il Digestive Disease Week, infatti, è un punto di riferimento per specialisti di gastroenterologia, epatologia, endoscopia e chirurgia digestiva. In questo contesto, lo studio "N-Ecco Grant. Self-care behaviours and resilience in patients with inflammatory bowel disease: a cross sectional study" al quale ha preso parte Bozzetti è stato selezionato per il prestigioso Poster Tour, una sessione dedicata ai contributi scientifici di particolare rilievo. Un riconoscimento ancora più significativo perché ottenuto in un congresso non esclusivamente infermieristico, ma multidisciplinare.
 
LA SCIENZA È RELAZIONE, «MA CHE ANSIA»
 
«Sono passati tre mesi da quel giorno, ma il ricordo è ancora fortissimo» - spiega Bozzetti, «insieme a centinaia di partecipanti da tutto il mondo, ogni giorno mi incamminavo con il poster sotto il braccio. Chi andava al congresso lo riconoscevi subito: tutti con lo stesso tubo rigido in spalla. Sembrava di fare una piccola processione scientifica. Un'esperienza che ripeterei ogni anno».
«Abbiamo saputo solo quattro giorni prima di partire che il nostro lavoro era stato selezionato per il Poster Tour – racconta Bozzetti – e questo significava anche doverlo presentare in inglese davanti a una platea. L'ansia era doppia: per l'importanza della ricerca e per la lingua. Ma è stato bellissimo. Nella nostra giornata, l'area "clinical practice" raccoglieva più di 400 poster: essere lì, e confrontarmi con esperti da ogni parte del mondo, è stato motivo di orgoglio. Il bello di questi eventi è che la scienza diventa relazione: ti fermi, conosci persone, idee, progetti. È stato davvero un momento di crescita personale e professionale».
 
L'AUTOGESTIONE DELLA MALATTIA AUMENTA LA RESILIENZA
 
Lo studio al quale ha partecipato Bozzetti è stato coordinato da Daniele Napolitano, infermiere del CEMAD del Policlinico Gemelli di Roma e condotto in nove centri italiani, tra aprile e settembre 2024, coinvolgendo 401 pazienti adulti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali, equamente suddivisi tra colite ulcerosa e morbo di Crohn. Il poster è stato ideato da quattro infermieri (Daniele Napolitano, Mattia Bozzetti, Alessio Lo Cascio – La Maddalena Cancer Center di Palermo – e Nicoletta Orgiana – Fondazione Policlinico Gemelli di Roma) e due medici gastroenterologi (Loris Riccardo Lopetuso – Policlinico Gemelli di Roma e professore a Link Campus University e Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – e Franco Scaldaferri – Policlinico Gemelli di Roma e professore all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma) e ha dato vita ad un articolo pubblicato sul prestigioso Journal of Clinical Medicine. L'obiettivo? Indagare il legame tra self-care (capacità di gestire la propria salute in autonomia) e resilienza (capacità di affrontare la malattia in modo positivo) due elementi chiave per fronteggiare le sfide quotidiane poste da queste patologie croniche.
 
L'apporto di Bozzetti alla ricerca è stato fondamentale: ha collaborato alla stesura metodologica, pianificando le analisi a partire dalla letteratura già esistente e ha esaminato i dati raccolti da altri colleghi.
 
La ricerca ha dimostrato che:
• Più un paziente è autonomo e sa prendersi cura di sé, più aumenta la sua resilienza
• La gravità della malattia conta: se la malattia è lieve, i pazienti tendono ad avere una resilienza più alta
• I maschi, in questo studio, sono risultati in media meno resilienti delle femmine
• La maggior parte dei pazienti ha una resilienza elevata: il 63,8% ha mostrato livelli da sufficienti a eccellenti, mentre uno su cinque ha una resilienza molto bassa.
 
Un risultato che apre la strada a interventi mirati per rafforzare l'autonomia dei pazienti e migliorare la loro qualità di vita.

 

redaz.

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