Attualità

06 ott 2025
Marco Croatti

"A bordo della Flottilla è l'opinione pubblica, le piazze, che ci hanno protetto, non i governi". Intervista con il senatore Marco Croatti dopo il rientro in Italia

E' l'opinione pubblica che ci ha protetto in tutti questi giorni, non i governi. Avere un'attenzione mediatica corretta e alta è ora uno degli strumenti più importanti a nostra disposizione”.

Il senatore del Movimento 5 Stelle, Marco Croatti, non ha dubbi: l'operazione messa in atto dalla Global Sumud Flotilla, su una delle cui barche lo stesso Croatti è salito con convinzione, “ha dimostrato che la politica ha fallito, mentre i cittadini non si girano dall'altra parte di fronte a un genocidio. Le piazze lo hanno capito, hanno capito che i governi hanno fallito e i parlamentari non fanno niente per fermare questa follia”.

Rientrato da pochi giorni in Italia dopo essere stato arrestato dall'esercito di Israele, Croatti traccia un bilancio dell'esperienza vissuta a bordo di una delle navi della Flotilla.

Non senza una precisazione d'obbligo: “Sono salito su quell'imbarcazione perché il parlamento non fa niente, sono salito a fronte dell'ignavia dei governi. Idealmente ho portato con me la mia forza politica, ma ho partecipato all'iniziativa da semplice attivista, senza ruoli decisionali”.

Abbiamo contattato Croatti telefonicamente, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, per ovvi motivi, nei giorni scorsi, ed ecco quello che ci ha raccontato.

Senatore, cosa può dirci di quello che ha vissuto in prima persona in queste settimane?

In settembre sono arrivato a Catania per la formazione e siamo partiti il 12. Sono rientrato in Italia venerdì scorso”.

Quando ha capito davvero che le cose cominciavano a farsi serie?

Il 23 c'è stato l'attacco con i droni e da quella sera non abbiamo più dormito. Ci siamo rifugiati nelle acque di Creta, perché non ci aspettavamo una cosa del genere a sole 300 miglia dall'Italia. Speravamo in protezione ma le posso dire che la barca sulla quale mi trovavo io è stata colpita tre volte dall'attacco portato con 17 colpi da droni. Hanno squarciato la randa e creato problemi all'imbarcazione. Da quella sera la tensione, lo stress a bordo è salito. Per tutte le seguenti notti abbiamo vissuto momenti di alta tensione”.

Poi l'abbordaggio.

La sera dell'abbordaggio la nostra barca imbarcava acqua per i danni e andava a motore per l'assenza della randa. Senza contare i problemi al timone. Ricordo che hanno intercettato quindici imbarcazioni a venti miglia da noi”.

Siete stati tentati di fermare tutto a quel punto?

No, l'idea era quella che non ci si sarebbe fermati ad un alt locale ma solo ad un alt fisico, seppure in acque internazionali. La prima barca approcciata è stata l'Alma, fermata da scafi muniti di cannoni ad acqua. La mia imbarcazione è stata approcciata da due imbarcazioni, una motonave e un gommone. I militari dell'DF hanno preso possesso della barca, ci hanno fatti scendere e ci hanno portati a Israele”.

Si è molto parlato di atti intimidatori, di un'accoglienza tutt'altro che “diplomatica”. Conferma?

“Ci sono stati atti intimidatori nei nostri confronti. Sì, il trattamento non è stato certamente accomodante, siamo stati strattonati, spinti, stipati in camionette. Ho visto attivisti con le fascette alle mani e una benda sugli occhi. Poi ci hanno portati tutti in un hub, non saprei come altro definirlo”.

Presi come prigionieri nonostante con voi non ci fossero armi, insomma.

Di certo non abbiamo visto atti di democrazia. Ci hanno condotti nel loro sistema carcerario trascinandoci, facendo cadere diverse persone. Abbiamo passato la notte in quell'hub dopo che ci hanno fatto girare per celle e uffici tutta la notte”.

Nel dettaglio del trattamento riservato agli attivisti il senatore non entra più di tanto, anche perché va ricordato che ci sono ancora alcuni attivisti italiani e spagnoli che devono rientrare nei rispettivi paesi.

Quando ha rivisto la speranza?

Quando ci siamo ritrovati in aeroporto. E in tutto questo tempo non ho mai visto l'ambasciatore, ho visto solo il viceambasciatore mezz'ora prima di salire sull'aereo”.

Cosa ha dimostrato la Flotilla secondo lei all'opinione pubblica?

Ha dimostrato che la politica ha fallito e che i cittadini non si girano dall'altra parte di fronte a un genocidio. Le piazze lo hanno capito. Hanno capito che i governi hanno fallito, che il parlamento non fa niente. Basti pensare che sono stato rapito, e con me tutti gli altri attivisti, in acque internazionali e quando siamo tornati non c'era un solo rappresentante del governo”.

C'è chi ha parlato di provocazione, di dimostrazione inutile. Cosa risponde?

Rispondo che la nostra è stata una flottiglia di mare e di terra. Quella arrivata da terra è stata l'unica protezione che abbiamo avuto. Senza le piazze non sarebbe stata la stessa cosa. Le immagini arrivate da Roma, così come da moltissime altre città, sono fondamentali per il raggiungimento dell'obiettivo. Ecco, posso dire che le piazze sono state la flotta più importante”.

Anche mentre eravate in mare e poi in prigionia avete avvertito la vicinanza della popolazione?

Sì, è l'opinione pubblica che ci ha protetto, non i governi. E anche per questo è importante che ci sia un'attenzione mediatica corretta e alta su quello che sta accadendo: questo è uno degli strumenti più importanti sui quali possiamo contare”.

Federico Centenari

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