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01 lug 2025
Campagnola cremasca

Campagnola Cremasca, in arrivo 2 ettari di agri-fotovoltaico alle porte del paese: tra paesaggio e qualità della vita, transizione o speculazione? 

Un progetto agro-fotovoltaico alle porte del paese rischia di compromettere il paesaggio agricolo e la qualità della vita. Una riflessione da cittadino coinvolto: tra vuoti normativi, compensazioni irrisorie e assenza di trasparenza, la transizione verde sembra un affare privato, più che un bene collettivo.

Nel cuore della campagna cremasca, nel piccolo comune di Campagnola Cremasca, è in corso l’iter autorizzativo per due grandi impianti agro-fotovoltaici a terra. Tradotto: pannelli solari su pali alti come giraffe, perché la vera agricoltura del XXI secolo è quella che coltiva megawatt.

Quasi 2 ettari di suolo agricolo fertile potrebbero essere trasformati per produrre 2,87 MWp di energia elettrica. Una scelta che, da cittadino, mi lascia profondamente perplesso. E non sono il solo. Il silenzio attorno a questo progetto è assordante, e i dubbi crescono.

Due impianti, un solo territorio fragile

Il primo impianto è previsto dietro l’area industriale, con pannelli bassi, di circa 130 centimetri (chissà chi andrà a raccogliere lì sotto?!) . Ma è il secondo progetto, decisamente più invasivo, a destare maggiore preoccupazione: oltre un ettaro di terreno in via Pianengo, proprio all’ingresso del paese lato est, dove dovrebbero essere installati pannelli solari su pali alti due metri, proprio lí, accanto alla piccola piazzola ecologica e alle prime cascine. Verrebbe da dire, una scelta simbolica: benvenuti a Campagnola, dove il riciclo lo fai con l’umido, mentre il paesaggio lo smaltiamo in discarica estetica.  

Parliamo di un’area che non è solo fisicamente esposta, ma anche simbolicamente preziosa: rappresenta l’inizio di quella che molti conoscono come la “ciclabile della domenica”, un percorso immerso nel verde, frequentato ogni giorno dell'anno da pedoni, ciclisti, famiglie. È uno dei pochi luoghi in cui è ancora possibile respirare la campagna lombarda nella sua autenticità. E proprio lì rischia di sorgere un impianto industriale che ne comprometterebbe l’identità per decenni.

Un cantiere nel cuore del verde

A preoccuparmi non è solo l’impatto estetico. Un’opera di questo tipo comporterà scavi, colate di cemento per stabilizzare le centinaia di pali, e durante i mesi di installazione (quanti ancora non si sa ma saranno molti) traffico pesante lungo le strade del paese e le vie agricole. Saranno necessari cavidotti e connessioni elettriche che attraverseranno il territorio, aggiungendo ulteriori criticità. Trincee di chilometri. Disagi, polvere, rumori, dissesto stradale e perdita di bellezza.

Il tutto per un “compenso” che se confermato trovo sinceramente sproporzionato: 60.000 euro di oneri, secondo quanto emerso. Un affare! Come dire: ti sfregio la Monna Lisa, ma ti offro un buono per la cornice. Una cifra che probabilmente non basterebbe nemmeno a sistemare l'asfalto che verrà messo a dura prova dai mezzi da cantiere. È questo il prezzo che si vuole dare al nostro paesaggio?

Documenti inaccessibili e cittadini all’oscuro

Ancora più grave è l’assenza di informazione e trasparenza. Molti cittadini non sanno nulla del progetto. Io stesso, cercando di documentarmi, ho trovato sul sito comunale file corrotti che non si aprono e documenti tecnici difficili da consultare sul sito comunale.

Forse un segno divino: “Non cercate di capire, accettate"

L’amministrazione si è attivata per risolvere il problema, ma nel frattempo il tempo per presentare osservazioni scorre, e siamo nel pieno dell’estate, quando tante famiglie sono in ferie. Credo sia urgente la convocazione di un’assemblea pubblica, per spiegare il progetto, il contesto normativo, e soprattutto per ascoltare la voce della cittadinanza. Perché qui non si tratta solo di un impianto: si tratta della qualità della vita di una comunità, del valore di un paesaggio, della possibilità di decidere insieme come vogliamo abitare il nostro territorio.

Energie rinnovabili sì, ma sui tetti

Non sono contrario alle energie rinnovabili. Al contrario, credo che rappresentino una necessità per il nostro futuro. Ma sono anche convinto che vadano scelte le soluzioni meno impattanti e più intelligenti. È assurdo che realizzare pannelli sui tetti di case, capannoni e cascine sia ancora oggi complicato, lento e costoso, mentre per installare impianti su suolo agricolo fertile basti un iter snello e poco partecipato e dove il comune viene ridotto ad un semplice intervistato senza potere di veto. Serve un cambio di rotta. Una politica energetica realmente sostenibile, che metta al centro il risparmio di suolo e la tutela del paesaggio, invece di cedere alla logica della semplificazione a vantaggio dei grandi operatori privati.

Un vuoto normativo che apre alle scorciatoie

A peggiorare il quadro c’è il caos normativo a livello nazionale: il Tar ha annullato parte della  del 2021 che definiva le aree idonee agli impianti fotovoltaici a terra. Il Governo dovrà riscrivere tutto da capo. In questa fase di vuoto legislativo, temo che alcuni soggetti si affrettino a ottenere autorizzazioni prima che vengano imposti nuovi limiti. Per questo ritengo doveroso che il Comune chieda alla Regione una sospensione dell’iter autorizzativo, almeno fino a quando non sarà fatta chiarezza normativa. È una questione di buon senso, ma anche di responsabilità politica.

Il paradosso della burocrazia a doppia velocità

C’è infine un aspetto che, da cittadino, non riesco ad accettare. Se voglio costruire una pergola o una tettoia per biciclette, devo affrontare burocrazia, esami psicoattitudinali, vincoli, oneri e tempi lunghi. Ma un soggetto terzo può realizzare quasi 2 ettari di impianto fotovoltaico senza che la comunità venga realmente coinvolta e il Comune relegato ad un ruolo secondario (l'autorizzazione è regionale ed il Comune può solo presentare delle osservazioni). È un paradosso che grida vendetta. Siamo di fronte a un business privato, che danneggia il paesaggio senza portare benefici concreti al paese. È il volto distorto di una transizione che, se non ben governata, rischia di trasformarsi in speculazione verde.

Il nostro paesaggio non è un vuoto da riempire

Campagnola Cremasca è molto più di una zona “idonea”. È un territorio con una sua identità, una storia agricola, una bellezza discreta che merita rispetto. La nostra campagna non è un vuoto da occupare con pannelli e cemento. È un bene comune, e come tale deve essere difeso, discusso, condiviso.

Per questo oggi serve consapevolezza, informazione e partecipazione, non silenzi e scorciatoie. La speculazione si è messa il vestito verde e ci vende il deserto come progresso.  È tempo di alzare lo sguardo e chiederci, con serietà: questa è davvero la transizione che vogliamo?

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Marco Degli Angeli

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