L'intervento
27 nov 2025
La violenza sulle donne ha radici lontane, anche nel nostro territorio: i due tristi ed emblematici casi di Laura Bosetti e Arianna Zardi
La Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne “celebrata” il 25 novembre, non può che richiamare l’attenzione su due “misteri” cremonesi; due morti tragiche che, da molti anni, non trovano una risposta ed hanno purtroppo al centro la morte di una ragazzina e di una giovane ragazza.
Vengono chiamati “cold case”, ma chi scrive queste righe non ha mai apprezzato e mai apprezzerà le “inglesaggini”, delle quali non si capisce in nessun modo il senso e l’utilità se non quella di allinearsi, superficialmente e stupidamente, a mode e tendenze “globalistiche” di cui non si avverte la necessità. Quando si dice che parliamo la lingua più bella del mondo, la lingua di Dante, bisogna andare oltre i proclami e gli slogan e parlarla, appunto, con i fatti senza alcun bisogno di ricorrere a parole e terminologie che in nessun modo appartengono alla nostra cultura e alla nostra tradizione.
Si parli quindi, in questo caso, di “delitti irrisolti” che è più chiaro e comprensibile, a tutti: anche a quegli anziani che meritano rispetto (ed invece vengono spesso ignorati e messi da parte) e che, oltre l’italiano, sanno solo parlare una lingua bellissima, il dialetto, che dovrebbe essere tutelato, valorizzato, fatto conoscere e parlato a sua volta.
In questo 2025 che sta per volgere al termine tra i delitti irrisolti spicca senz’altro quello di Laura Bosetti, perché da quel tragico 12 luglio 1974 in cui venne uccisa lungo una strada di campagna a Casalsigone, sono passati 51 anni e, in mezzo secolo, non è mai uscito fuori il nome del suo assassino: questo, bisogna dirlo, probabilmente a causa anche di una inqualificabile dose di omertà di chi, molto probabilmente, sapeva e non ha mai parlato.
Lo stesso omicida che, chissà, oggi potrebbe essere a sua volta in un cimitero, in tanti anni non è mai riuscito a provare rimorso né pentimento liberandosi di una verità agghiacciante: un fatto che si commenta da solo e sul quale ogni considerazione risulterebbe superflua.
Per celebrare degnamente la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, andando oltre gli slogan ed oltre le cerimonie, sarebbe straordinario se qualcuno, che forse sa, trovasse finalmente il coraggio (e la dignità) di parlare, mettendoci la faccia.
Laura Bosetti, la cui tragica vicenda è finita anche in un libro e in diverse trasmissioni televisive, non aveva fatto nulla di male. Non era che una ragazzina di 14 anni che il 12 luglio 1974, in sella alla sua bicicletta, aveva portato una bibita, nei campi al papà, allo zio e ad un cugino.
Ma sulla strada del ritorno trovò un vile assassino che la accoltellò alle spalle, colpendola alla schiena, con una lama di 13 centimetri, lasciandola agonizzante lungo una strada di campagna, sotto un sole cocente, dileguandosi nel nulla: nella sua stessa evidente nullità.
Cinquantuno anni dopo tutto ancora tace e sul luogo della disgrazia non resta che un semplice cippo a ricordo. Se finalmente venisse fuori la verità, almeno su questo caso, dopo tanti anni, allora si potrebbe dire che questa Giornata ha prodotto, anche nelle nostre campagne, un risultato concreto capace di andare oltre gli slogan, oltre i proclami e oltre e oltre le cerimonie.
In terra di Po, caso molto più recente ma ancora irrisolto è quello di Arianna Zardi, trovata cadavere ad ottobre del 2011 a due passi dall’argine del Po tra Motta Baluffi e Torricella del Pizzo. La lapide spezzata e coperta dalle sterpaglie; i fiori di plastica sgualciti e rovinati; un cumulo di rifiuti a pochi metri di distanza. Così si presenta il luogo in cui il 2 ottobre 2011 venne ritrovato il corpo di Arianna Zardi, 25enne di Casalbellotto, studentessa di Teologia a Brescia.
Una morte che, ad oggi, non ha ancora un perché, nemmeno un come. L’unica cosa certa è che la ragazza uscì di casa il 30 settembre e non fece più ritorno. Il suo corpo venne ritrovato dagli zii nelle ore successive, accanto ad una vecchia chiavica di campagna, ancora oggi in funzione, situata fra Torricella del Pizzo e Motta Baluffi.
Un giallo che continua, ventiquattro anni dopo, con un lungo iter giudiziario che ad oggi, in ogni caso, non ha permesso di chiarire le cause del decesso, nemmeno dopo le riesumazione del corpo avvenuta nel 2016 per effettuare nuovi accertamenti con la prova del Luminol.
Senza stare a ripercorrere tutti i capitoli della vicenda giudiziaria di cui in tanti hanno già scritto, oggi si vuole solo porre l’attenzione su come si presenta il luogo, immerso nel verde della campagna, col silenzio estivo rotto solo dal canto incessante delle cicale e dallo scorrere dell’acqua che transita lungo la chiusa.
La piccola lapide in ricordo di Arianna si è spezzata, i fiori di plastica sono ormai sgualciti e rovinati a causa, evidentemente, degli effetti del tempo (meteorologico e non) e, sul lato opposto dall’argine, qualcuno, forse ignaro di che cosa rappresenta quel luogo, ha addirittura scaricato rifiuti.
L’argine, se potesse parlare, chissà cosa direbbe di quanto accaduto quel giorno. Non l’unico fatto di sangue avvenuto a ridosso della principale difesa idraulica contro le piene del Po.
Ad una manciata di chilometri, ad esempio, una stele in cemento, a Sommo Con Porto di San Daniele Po, ricorda Carlo Poli che venne ucciso, nel 1929, dal suo maniscalco proprio lungo l’argine. Intanto, a Motta Baluffi, davanti al municipio, su iniziativa dell’Amministrazione comunale, è stato realizzato un artistico allestimento in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Una iniziativa da apprezzare, in un territorio che è stato teatro di una morte misteriosa, con la speranza sempre viva che si vada oltre i proclami e oltre gli slogan, arrivando a soluzioni stabili ed efficaci.
Eremita del Po, Paolo Panni
Paolo Panni
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