Editoriale
15 lug 2025
Cremona Libera e le sue inchieste: "Volete far chiudere tutto". No, non vogliamo far chiudere, vogliamo far aprire. Far aprire gli occhi ai cremonesi
In queste settimane, dopo le tante inchieste di Marco Degli Angeli che ho pubblicato su Cremona Libera, sono state moltissime le reazioni dei cittadini. Un commento, più di tutti, mi ha colpito. E' una considerazione semplice, lineare, ma a mio avviso molto significativa.
“Non ero consapevole della gravità della situazione. Incredibile che le istituzioni, Regione compresa, siano silenti” ha scritto una lettrice sulla pagina Facebook del nostro giornale commentando l'inchiesta di Marco sugli allevamenti intensivi.
Ecco, penso che in quelle poche righe ci sia, se non tutto, tanto. Tanto perché quelle righe sono la dimostrazione del fatto che il lavoro che stiamo portando avanti serve.
Certo, a Cremona tutti sanno che la qualità dell'aria è gravemente compromessa da decenni, non ci illudiamo di aver scoperto l'acqua calda. Tutti conoscono i problemi ambientali di Cremona. Ma fino a che punto li conoscono?
E' sufficiente leggere di tanto in tanto i report di Legambiente, di associazioni ambientaliste o addirittura dell'Agenzia Europea per l'Ambiente, che colloca Cremona al secondo posto in Europa per l'inquinamento? E' utile, ma non basta. Ed è facile riportare quelle inchieste. Meno facile è andare all'origine di quei dati. Meno facile è spulciare documenti ufficiali della Regione o di altri enti e istituzioni per avere il quadro completo. Per conoscere da dove origina questa situazione.
Meno facile è parlare, o meglio, scrivere, apertamente, chiamando in causa il comparto industriale o quello agroalimentare (allevamenti in particolare).
Ecco, Marco lo fa. Lo fa con la forza della determinazione e con le conoscenze che gli derivano dall'aver ricoperto, seppur brevemente e per sua scelta, il ruolo di consigliere regionale.
Ma perché Marco fa tutto questo e perché Cremona Libera pubblica le sue inchieste? Per un paio di semplici ragioni. La prima è che non abbiamo dietro un editore forte, e men che meno un inserzionista “pesante”, legato a qualche gruppo o realtà industriale o agricola. Abbiamo un editore libero come me e Marco e per questo lo ringraziamo. Perché ci consente di scrivere quello che appuriamo, verifichiamo e approfondiamo.
La seconda ragione risponde al commento che ho riportato in apertura di questo editoriale: perché a Cremona tutti sanno, ma pochi sanno fino in fondo. Pochi si rendono conto della gravità della situazione. Sì, Cremona è una città inquinata come tante altre... Cremona è terra di allevamenti intensivi, di industrie... Lo sappiamo tutti. Bene. Male, anzi. Ma fino a che punto conosciamo la gravità del problema?
Fino a che punto conosciamo le cause dell'inquinamento della Pianura Padana? Fino a che punto siamo in grado di ricondurre la “malattia” alle sue vere cause?
E' a questo che Cremona Libera punta: a favorire una presa di coscienza collettiva. Una presa di coscienza piena, basata su una narrazione puntuale, supportata da documenti ufficiali.
Qualcuno ci ha accusato: volete far chiudere tutto. Figuriamoci, con quali forze, poi? No, non vogliamo far chiudere proprio niente. Vogliamo far aprire, semmai. Vogliamo far aprire gli occhi ai cremonesi.
Sappiamo perfettamente che dietro a industrie, allevamenti, biometano, inceneritori e quant'altro si muove un mondo intero. Sappiamo perfettamente che tutte queste attività generano lavoro. Ma la domanda che ci poniamo è: fino a dove ci si vuole spingere in nome dell'occupazione e della produzione nell'ambito di un sistema economico improntato alla massimizzazione del profitto, a scapito di un impatto ambientale (leggasi anche salute) palesemente insostenibile?
Il punto è che Cremona, il suo territorio, l'intera Pianura Padana, hanno dato troppo. Questo vasto lembo di terra ha dato troppo, è stato sfruttato eccessivamente, è stato spolpato fino all'osso. E si continua a farlo, sebbene le conseguenze siano quelle che tutti conoscono, per quanto superficialmente. Inquinamento, malattie, morti premature.
Ma un conto è parlarne genericamente, magari cavalcando l'ennesima indagine stilata da questa o quella associazione. Altra cosa è mostrare la bestia per quello che è. Mostrare come il sistema abbia consumato queste terre, come continui a farlo, nel silenzio delle istituzioni a tutti i livelli, della stampa. Dei cittadini che si voltano dall'altra parte, perché guardare in faccia la bestia fa paura.
Lo ripeto: questa terra ha dato troppo. Indietro non si torna ma rallentare è possibile. Difficile, ma possibile. Ecco perché occorre sapere. Ecco perché, se si conosce l'origine del problema, si comprenderà che aprire o riconvertire altri 35 impianti di biometano in questo territorio non è forse la soluzione ideale, ad esempio.
Perché a un certo punto il pedale del freno va premuto. Ed è ora di dire che questa terra è satura. E' ora di dire che non accettiamo più nuovi impianti, non accettiamo l'espansione degli allevamenti intensivi, non accettiamo un allargamento del polo industriale. Non accettiamo che un'altra pietra venga calata su questo territorio, soffocandolo ancora una volta di più.
Ma per farlo non è sufficiente un giornale. Un piccolo giornale nato da un mese, per di più. Serve una presa di coscienza collettiva. E perché si formi una presa di coscienza collettiva occorre un'informazione puntuale, che dica come stanno le cose fino in fondo, e non si limiti a riportare dati e numeri usciti da indagini e analisi.
Per questo continueremo. Perché è solo da una presa di coscienza collettiva che potrà nascere un deciso cambio di rotta. E quel cambio di rotta deve venire non dalle colonne di un giornale, ma dai cittadini. Da cittadini consapevoli e informati in modo imparziale. Non da comunicati provenienti dalle associazioni di categoria, che, legittimamente, fanno il loro interesse.
Questo territorio ha dato troppo, lo ripeto. E' arrivato il momento di mettere un punto fermo. Di pensare al futuro e non solo all'oggi.
Fino a dove potremo spingerci? Quando arriverà il conto di ciò che abbiamo tollerato? Nessuno può saperlo, ma gli indicatori che ci dicono che siamo vicini al limite ci sono tutti. Fate passare le inchieste di Marco, consultate i documenti da lui citati nei suoi articoli. Lo vedrete con i vostri occhi.
Vedrete che questa terra è stata sacrificata e chiederle di dare ancora è come pretendere di schiantarsi contro un muro a cento all'ora uscendone indenni.
Non si può avere tutto. Non si può dare tutto.
Federico Centenari
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