Editoriale
20 giu 2025
Cremona non è una città per petizioni popolari. Tutti buoni e giù la testa: lo decide l'amministrazione cosa è "necessario" ai cittadini
No, a Cremona le petizioni popolari non sono gradite. I cittadini evitassero di raccogliere firme. Che poi, peraltro, finiscono sistematicamente nel cestino (vedi il caso del risarcimento Tamoil) o, peggio, vengono stigmatizzate dall'amministrazione.
Ma come? Partecipare alla vita attiva di una comunità, anche attraverso petizioni popolari non è un sacrosanto diritto dei cittadini? Be', pare che a Cremona non sia propriamente così. Lo dimostra la sprezzante risposta data ieri dall'assessore Paolo Carletti agli esponenti del comitato di quartiere, che hanno raccolto e depositato 953 firme contro l'abbattimento del muro lungo l'ex area Frazzi (qui l'articolo).
Premettendo di apprezzare l'interesse dei cittadini e ricorrendo a toni inizialmente corretti e concilianti, l'assessore scivola poi sul piano comunicativo lasciandosi andare a una considerazione non degna di un rappresentante delle Istituzioni.
“E' altrettanto positivo – scrive Carletti – che i cittadini si organizzino e si muovano compatti per contrastare quelle che ritengono prevaricazioni dell'amministrazione, spendendo energie per creare gruppi di pressione che contrastino decisioni imposte. Forse queste energie sarebbe però opportuno risparmiarle quando è davvero necessario, altrimenti l'impegno potrebbe apparire come un esercizio di stile fine a sé stesso. Se si vuole mantenere il muro così com'è, non era necessario alzare barricate, semplicemente perché nessuno vuole agire contro la volontà dei cittadini”.
In sintesi, ben venga l'impegno dei cittadini, ma non perdete tempo con petizioni e impiegate meglio le vostre energie per quando è necessario. E quando sarebbe necessario? E' l'assessore Carletti a stabilirlo? O sono i cittadini che avvertono un'esigenza e si battono per difendere le loro ragioni?
No. Non è così che dovrebbe funzionare in democrazia. Non è così che dovrebbe rispondere un assessore a chi la città la vive e a chi, per inciso, gli paga lo stipendio. Il dialogo andrebbe mantenuto su binari paritetici, non abbassato al rango del proverbiale “io so' io e voi nun siete 'n cazz...”.
Interpellato nel merito, il sindaco Andrea Virgilio ha difeso il suo assessore, precisando che “Lo abbiamo detto anche in assemblea che non c'era da parte nostra alcuna forzatura e non era una priorità. Un comitato dialoga con l'amministrazione, non fa petizioni, soprattutto quando c'è tutta la disponibilità all'ascolto”.
Va bene, ma perché un comitato “non fa petizioni”? Chi l'ha detto?
Ma soprattutto, perché allora un esponente del Comitato, vista la replica dell'assessore, ha chiarito che "Ho riguardato il verbale dell’ultima assemblea: Carletti ha dichiarato che avrebbero abbassato il muro e ha spiegato che avrebbero “risparmiato dei soldini” perché Terre Davis avrebbe prelevato gratuitamente i preziosissimi mattoni".
Al di là del merito, sul quale, se vorranno, interverranno i cittadini del Comitato... alla faccia del Manifesto della Comunicazione non ostile di recente approvazione in Consiglio comunale. Un documento nel quale si afferma che il manifesto è “rivolto alla politica, non solo online, ma anche off line, assumendo l'impegno di osservare, promuovere e diffondere i dieci principi che si pongono l'obiettivo di contrastare l'odio in rete e sostenere un uso consapevole del linguaggio, sia da parte degli utenti, sia da parte di chi ricopre cariche politiche o istituzionali”.
Uso consapevole del linguaggio. Ma il manifesto afferma anche che “è necessario promuovere, attraverso un’alleanza tra istituzioni e cittadini, un fronte comune ricostruendo un clima di fiducia, rispetto e collaborazione per dare più concretezza alle azioni messe in campo dalla politica (...)”.
Stroncare i cittadini e le loro petizioni invitandoli a spendere meglio le loro energie è forse un modo per ricostruire un clima di “fiducia, rispetto e collaborazione”?
E ancora: il manifesto chiarisce che “La centralità della comunicazione, in tutte le attività istituzionali, è intesa come funzione di avvicinamento dei cittadini al Comune e come “stile” di comunità, attenta, partecipativa e non ostile”.
Tutto molto bello. Ma dire a quasi mille cittadini che farebbero meglio a risparmiare le loro energie per “quando è davvero necessario” è un modo di promuovere il dialogo e il confronto? Ci dica allora l'amministrazione cosa ritiene necessario e i cittadini, da buoni soldatini, si impegneranno solo su quello.
Balle. E' una provocazione.
I cittadini, nel rispetto della legalità, si impegnano in ciò che credono e un'amministrazione ha non solo il compito, ma anche il dovere di confrontarsi correttamente con la comunità.
E l'uscita dell'assessore Carletti, si abbia la buona creanza di ammetterlo, è stata quantomeno infelice. A voler essere “non ostili”, si intende.
In foto, l'assessore Paolo Carletti.
Federico Centenari
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