L'intervento
23 nov 2025
La CGIL: “Violenza contro le donne, diritti umani calpestati. La legge sul consenso è un segnale ma non basta, servono anche diritti e lavoro”
Ogni giorno, ovunque nel mondo, milioni di donne subiscono violenze fisiche, sessuali, psicologiche ed economiche. L’OMS stima che una donna su tre, circa 840 milioni, abbia subito nel corso della vita violenza da parte del partner o violenza sessuale: una delle più gravi violazioni dei diritti umani del nostro tempo, che da oltre vent’anni non conosce veri miglioramenti.
Anche in Italia il quadro è drammatico: nel 2023 gli accessi al Pronto soccorso con indicazione di violenza sono stati 16.947, in media 46 donne al giorno. E sappiamo che sono solo la punta dell’iceberg: la grande maggioranza non denuncia, per paura di non essere creduta, del giudizio sociale, per dipendenza economica e per la mancanza di servizi e reti di supporto.
La violenza non è solo il femminicidio. È anche violenza psicologica ed economica, controllo ossessivo, ricatto sul lavoro, revenge porn, molestie in strada, online e nei luoghi di lavoro. Tra i più giovani vediamo relazioni “tossiche” in cui gelosia e controllo vengono spacciati per amore. È la cultura patriarcale che continua a considerare le donne come una proprietà e non come persone libere, titolari di diritti.
Questa cultura entra anche nei luoghi di lavoro. Secondo l’Istat il 13,5% delle donne tra i 15 e i 70 anni ha subito molestie sessuali sul lavoro; tra le più giovani si sale al 21,2%. E la violenza passa anche per precarietà e ricatto: chi ha un contratto fragile, orari impossibili e paura di perdere il posto è più esposta a pressioni e abusi. Quando denunciare significa rischiare lo stipendio, è il sistema stesso a produrre violenza.
Per uscire da una relazione violenta servono protezione, servizi, supporto psicologico. Ma soprattutto servono reddito, lavoro dignitoso, casa, autonomia economica. L’Italia continua ad avere uno dei tassi di occupazione femminile tra i più bassi d’Europa, un divario di circa 20 punti rispetto agli uomini e un forte differenziale salariale che si trascina fino alle pensioni, lasciando troppe donne intrappolate nella povertà e nella dipendenza.
La recente approvazione bipartisan alla Camera della proposta che introduce il principio del “consenso libero e attuale” come elemento centrale del reato di violenza sessuale è un passo avanti importante e per nulla scontato che sposta l’attenzione dalla condotta della vittima alla responsabilità di chi agisce violenza. Ma una buona legge non basta: finché nei tribunali e nei media continueremo a leggere domande come “come era vestita?” o “aveva bevuto?”, la vittimizzazione secondaria continuerà a ferire le donne una seconda volta.
Per cambiare davvero servono prevenzione ed educazione al rispetto e al consenso in tutte le scuole; formazione per chi lavora nella giustizia, nelle forze dell’ordine, nella sanità; risorse certe e continuative per centri antiviolenza, case rifugio e servizi sociali territoriali. Servono politiche per il lavoro femminile, per la parità salariale, congedi di paternità adeguati, asili nido e un welfare che permetta alle donne di non dover scegliere tra libertà e sopravvivenza.
Per questo la CGIL Cremona guarda con preoccupazione a leggi di bilancio, PNRR e programmazione regionale che proclamano priorità e “piani straordinari” senza garantire fondi strutturali: risorse a bando, temporanee e frammentate non bastano. La lotta alla violenza di genere non può dipendere dalla fortuna di vincere un progetto o dalla sensibilità del singolo territorio.
Se il Governo definisce le donne il ‘cuore pulsante della società’ allora deve dimostrarlo con scelte concrete: investimenti stabili per i centri antiviolenza, per la rete dei servizi pubblici, per creare buona occupazione femminile, potenziare asili nido e servizi per la non autosufficienza.
Una legge sul consenso è un passo avanti, ma senza diritti, lavoro e autonomia economica le parole contro la violenza restano solo parole.
Segretaria CGIL Cremona
con delega alle politiche di genere e alle pari opportunità
Maria Teresa Perin
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