L'inchiesta
11 giu 2025
Cremona-Mantova, Brebemi, Tibre: tutto quello che avreste voluto sapere ma non avete mai osato chiedere
Potrebbe sembrare la trama di un film italiano degli anni Sessanta, di quelli in bianco e nero, dove la speculazione edilizia si intreccia con le stanze opache del potere. Oppure un moderno thriller politico in cui promesse pubbliche si trasformano in regali privati, e le grandi opere diventano grandi debiti. La verità è un’opinione e la retorica del “fare” (anche se non si sa quando) serve a mascherare operazioni fallimentari spacciate per progresso.
La grande scommessa con il solo obiettivo di mettere le mani sulla città
Vi ricordate il film del 2005 intitolato Thank You for Smoking? Con le giuste parole, e una martellante campagna mediatica si può vendere anche l’insostenibile e il nocivo, basta saperlo raccontare. Ma qui non c’è sceneggiatura: accade tutto davvero, nel cuore della Lombardia. C’è un’autostrada costruita con lo slogan “senza un euro pubblico” – la Brebemi – che dopo undici anni in perenne affanno, ed un impatto importante sul bilancio pubblico di Regione Lombardia, chiede una proroga miliardaria alla concessione. C’è una seconda, la Cremona-Mantova, che esiste da trent'anni solo sulla carta e nei convegni, ma che è già costata parecchi milioni per la sola progettazione. E poi c’è il Tibre, l’opera che unisce destra e sinistra nel culto del cemento, pur senza una reale copertura finanziaria.
È il trionfo della narrazione contro la realtà. Il traffico stimato è irrealistico, i conti non tornano, ma i comunicati stampa sì. Un perfetto esercizio di marketing politico-economico, dove ogni critica viene deligittimata e ogni fallimento rinominato “rilancio”. Siamo in un copione già visto. Ma con un nuovo elemento: documenti ufficiali, sentenze e numeri che oggi mostrano con chiarezza ciò che in molti hanno sempre saputo – queste autostrade sono economicamente insostenibili, ecologicamente dannose e socialmente inutili.
Du iu spik inglish?
Lo chiamano project financing. Suona moderno, efficiente ma sa di vecchio. Un equivoco linguistico dove il rischio è sempre nostro e il profitto di pochi. Dove i flussi di traffico sono gonfiati come le ambizioni politiche, e i cittadini pagano il conto due volte: una alla casello dell’autostrada, l’altra con le tasse, i debiti pubblici e le proroghe concesse ai soliti noti.
Un meccanismo in cui l’opera viene realizzata da privati con fondi pubblici, senza gara d’appalto per i lavori, e con lo Stato a fare da paracadute quando i conti non tornano. I vantaggi? Per i soci costruttori del concessionario, che incassano. I rischi? A carico della collettività.
Il disastro Brebemi: undici anni di rosso
62 km di autostrada. Undici anni di perdite. Oltre 2 miliardi di debito. Pedaggi tra i più alti d’Italia – quasi 2 euro ogni 10 chilometri. La Brebemi, inaugurata nel 2014 tra fanfare, selfie e promesse di sviluppo, è diventata un simbolo del fallimento della politica infrastrutturale lombarda. Il bilancio 2024 si chiude con -47,58 milioni di euro e un indebitamento che sfiora i 2 miliardi. Il traffico previsto – 50mila veicoli al giorno – non si è mai materializzato. Senza traffico, niente ricavi. Ma i costi restano: 603 milioni di euro per la manutenzione fino al 2046, a cui si aggiungono 320 milioni di fondi pubblici per l’innesto con l’A4. Doveva costare 800 milioni tutti a carico di investitori privati, ma il prezzo è aumentato a 2,4 miliardi con il contributo delle casse pubbliche.
La Corte dei Conti ha respinto poche settimane fa il tentativo di proroga della concessione con toni durissimi: «Squilibrio alterato. Concorrenza violata. Proroga illegittima». E ancora: «Si trasferisce il rischio sull’utenza». Tradotto: il fallimento lo paghiamo noi. Il peccato originale? «La non adeguata quantificazione dei flussi di traffico operata in origine», che rende l’opera strutturalmente insostenibile.
Cremona-Mantova: l’autostrada fantasma col buco in mezzo
Non è un caso isolato. L’autostrada Cremona-Mantova segue lo stesso copione del project financing: stime troppo ottimistiche, flussi di traffico irreali, equilibrio finanziario assente. Il concessionario Stradivaria sostiene che l’opera si reggerà sulle proprie gambe. Ma la Regione deve comunque metterci 109 milioni. Intanto Centropadane, socio di maggioranza di Stradivaria, è in vendita. Nessuno vuole rilevarla. E nel progetto c’è un “buco” di 8 chilometri nel tratto centrale.
Le tariffe previste? Quasi 7 euro per 50 chilometri. 15 euro al giorno per un’andata e ritorno. Una libide. Una stangata quotidiana per i pendolari. Il piano economico-finanziario è stato bocciato più volte, eppure l’assessora leghista Claudia Terzi continua a elogiarlo: “Una volta risolta la causa con Stradivaria, la strada sarà in discesa”. Fa già ridere (o piangere) così. Un refrain che si ripete da trent’anni, ignorando ogni alternativa concreta.
Regione Lombardia boccia l'opera (ma lo nasconde)
La verità la conoscono tutti. Nel 2019, Regione Lombardia – tramite CAL (Concessioni Autostradali Lombarde) e Infrastrutture Lombarde – ha analizzato quattro scenari alternativi per il collegamento Cremona-Mantova. Il verdetto è stato inequivocabile: tutti gli scenari autostradali risultano finanziariamente insostenibili. Ecco i principali:
1. Prosecuzione dell’attuale concessione con 109 milioni pubblici: non regge. Capitolo chiuso e palla al tribunale per decidere sulle penali, con il rischio concreto che a pagare sia sempre “Pantalone”.
2. Prosecuzione con aumento dei contributi regionali a 500 milioni: rigettata. Gli indici di bancabilità e redditività sono fuori mercato. Inoltre, la modifica del rapporto concessorio presenta rischi giuridici.
3. Nuova concessione con 500 milioni pubblici: ipotesi teorica, ma non praticabile. Gli indici di rischio sono inaccettabili per investitori e finanziatori, soprattutto per i flussi di traffico previsti.
L’unica opzione davvero sostenibile? La riqualificazione dell’attuale SS10, con raddoppi selettivi nei tratti critici e bypass dei centri urbani. Ma questa proposta – meno redditizia per i costruttori, più utile per i cittadini – è stata sistematicamente ignorata. Intanto i 109 milioni accantonati dal Pirellone per l’opera rimangono inutilizzati, nonostante ci siano altre opere urgenti per il territorio ferme ai box per mancanza di copertura finanziaria (tangenziali di Dovera e di Casalmaggiore).
Oggi, mentre è in corso una disputa legale milionaria tra Regione e Stradivaria, si parla di far partire l’opera con l’ingresso di fondi d’investimento americani in partnership con costruttori privati. Ma quando entrano i fondi speculativi, lo sappiamo bene, l’interesse pubblico evapora. Rimangono solo il cemento, lo sfruttamento del territorio e quello dei lavoratori.
Tibre: il partito unico del cemento
Il capolavoro finale è il Tibre autostradale: oltre 80 chilometri, un costo che già nel 2021 superava i 3 miliardi di euro. Oggi, probabilmente, molti di più. Sei corsie tra le colline di Volta Mantovana e la pianura cremonese, in un territorio fragile dal punto di vista ambientale e già fortemente compromesso. Il tutto, senza copertura finanziaria.
La beffa? Il Tibre è legato alla Cremona-Mantova: condividono un tratto di 8,5 chilometri. Solo quel pezzo iniziale costa 1 miliardo di euro. Due opere inutili che si reggono l’una sull’altra. Un accrocchio studiato per non funzionare ma solo per drenare fondi pubblici. Ma la politica, unita, le sostiene.
Mesi fa, l’assessora Terzi (Lega) e l’assessore emiliano Corsini (PD) hanno firmato insieme una lettera al ministro Matteo Salvini per chiedere il completamento del Tibre. Lega e PD, mano nella mano. Si scrive Tibre, si legge “partito unico del cemento”.
Ipocrisie e silenzi
Nel 2021, i presidenti delle province di Cremona (IV, sostenuto dal PD), Mantova (PD), Verona (Lega) e Parma (PD) lanciarono un appello congiunto per il Tibre. Oggi, il copione si ripete. E mentre le falde acquifere si prosciugano, i suoli si cementificano e la Pianura Padana si ammala, la politica continua a insistere.
Tre autostrade, tre fallimenti
Brebemi, Cremona-Mantova, Tibre: tre autostrade, tre fallimenti annunciati. Tre monumenti al consumo di suolo, alla privatizzazione dei profitti e alla socializzazione delle perdite. Tre ciofeche, con la C maiuscola. Altro che Masterplan.
Il territorio lombardo, la regione più inquinata d’Europa, non ha bisogno di nuove ferite, ma di rigenerazione, manutenzione e cura. Servirebbe un commissario per l’ambiente e la salute, non l’ennesima colata di asfalto. Perché quello che oggi chiamano “sviluppo” è solo devastazione, mascherata da progresso.
Marco Degli Angeli
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Tommaso
12 giugno 2025 07:55
Il territorio cremonese (e non solo) avrebbe bisogno di riqualificazioni e messa in sicurezza delle attuali arterie senza rincorrere opere faraoniche irrealizzabili, insostenibili, sovrastimate e fuori dal tempo. Ricordiamo che opere di questo tipo, oltre a comportare impatti ambientali devastanti portano allo sperpero di denaro pubblico. Queste infrastrutture non portano sviluppo ma al contrario devastano le economie e la socialità dei piccoli centri, dranando risorse a progetti di riqualificazione, e trasformando in peggio le prospettive lavorative. Serve uscire dalla narrazione mainstream.