Il commento

22 ott 2025
Panorama Cremona foto Gaimarrii

Assise dell'Economia, dove ZLS sta per Zona Logistica o Zona di Sacrificio? Ecco il grande paradosso del cemento “semplificato” che divora Cremona

“Cremona c’è e vuole costruire il suo futuro con visione.” Così, con voce ispirata, il presidente della Provincia, Roberto Mariani, ha aperto le Assise dell’Economia: applausi, sorrisi e una pioggia di parole come “sviluppo”, “transizione”, “sostenibilità”.  

A fargli eco il presidente della Camera di Commercio, Gian Domenico Auricchio, che con onestà ha ricordato che il Masterplan 3C nasce dall’Associazione industriali e viene sposato dalle categorie economiche. Non poteva dirlo meglio. Ah sì, c’è anche l’Ats, con dentro qualche Comune, ma vuoi mettere un business plan a misura d’impresa rispetto alla noia dell’interesse pubblico? Sotto la retorica della “visione”, però, si intravede l’ennesimo capannone più che un orizzonte.

È ancora Auricchio, tra un richiamo alla formazione e alla digitalizzazione (a misura d’impresa, ovvio), a svelare senza ipocrisia e trasparenza il vero motore dello sviluppo futuro: la ZLS, la Zona Logistica Semplificata, e i suoi miracolosi superpoteri — dal benessere alla pace nel mondo. E poi, naturalmente, l’immancabile autostrada Cremona–Mantova. Tutto il resto è noia.

Più cemento, meno suolo

Dietro la nuova ZLS Lombardia (voluta dal governo Meloni lo scorso fine anno) c’è la solita vecchia storia: espansione edilizia e interessi economici che prevalgono sulla tutela del territorio.  

Stavolta tocca a Cremona e al Casalasco, con oltre dieci chilometri quadrati di campagna sacrificati in nome della competitività.  

Dal report catastale “ZLS Lombardia – Provincia di Cremona” (giugno 2023) emergono i numeri ufficiali: nove Comuni coinvolti — Cremona (Porto/Cavatigozzi, 4,68 km²), Sesto ed Uniti (~0,6), Spinadesco (~0,4), Casalmaggiore (1,9), Rivarolo del Re ed Uniti (~0,5), Casteldidone (~0,3), Piadena Drizzona (0,52) e San Giovanni in Croce (~2,3). Totale: 10,7 km², circa 1.000 ettari, ovvero 1.500 campi da calcio di suolo fertile asfaltato.

Mentre i tecnici parlano di “ottimizzazione logistica”, qualcuno dimentica che la Pianura Padana non è infinita. Ma c’è chi la chiama “grande intuizione”. In altri contesti, la si chiamerebbe “supposta”.

Sviluppo o illusione?

Si chiama “semplificata”, ma significa sempre la stessa cosa: meno regole, più cemento. L’operazione sa di déjà-vu: incentivi, procedure accelerate, promesse di posti di lavoro e la parola magica — “semplificazione”.

Tradotto: per chi costruisce capannoni tutto diventa facile; per chi ci vive, tutto più difficile. I lavori ci sono, ma precari, notturni, sottopagati.  I profitti vanno a chi firma i contratti, non a chi li subisce.  I Comuni incassano oggi; i cittadini pagano domani — traffico, smog, rischio idraulico, paesaggio devastato. È la solita storia italiana: vantaggi privati e costi pubblici.

L’inganno delle parole

Il vero capolavoro è linguistico. Non si parla più di “cementificazione”, ma di “rigenerazione produttiva”; non di “capannoni”, ma di “infrastrutture”; non di “consumo di suolo”, ma di “sviluppo territoriale”. Basta cambiare nome e il cemento diventa green.

Alle Assise, nessuno ha pronunciato le parole “suolo agricolo” o “biodiversità”.  Nessuno ha ricordato che ogni ettaro impermeabilizzato è un ettaro in meno che assorbe acqua e produce cibo. La ZLS è la formula magica: la pronunci e sembri moderno, europeo, efficiente.  Peccato che la magia svanisca appena guardi fuori dalla finestra.

Cosa ci aspetta?

Beh, fatevi un giro nella bassa bergamasca e nel basso bresciano, e poi deprimetevi... Dieci chilometri quadrati: che significa? Facciamola breve: 10 km² = 1.000 ettari. Ogni ettaro produce circa 30 quintali di cereali o foraggi.

Significa che la ZLS cancellerà 30.000 quintali di cibo potenziale ogni anno. Altro che competitività: è autosabotaggio agricolo e idrogeologico. E per cosa? Per scatoloni di lamiera alti 15 metri, parcheggi per TIR e piazzali illuminati giorno e notte.  

Chi abita a Dovera, Spino o Vailate lo sa già: la logistica arriva come una febbre — promette benessere, poi lascia un malessere cronico.

I fronti dimenticati

Nel documento catastale compaiono anche Sesto ed Uniti, Spinadesco, Rivarolo del Re e Casteldidone — piccoli Comuni agricoli, perfetti per chi cerca terreno “libero” e amministrazioni sotto pressione economica.

A Sesto la logistica lambisce campi ancora produttivi; a Spinadesco prepara il corridoio verso Piacenza; a Rivarolo e Casteldidone rischia di cancellare paesaggi rurali secolari.  

Terreni fertili ridotti a piazzali per TIR: questa la vera “transizione” in corso.

Le Assise del paradosso

Mentre fuori si disegna la mappa della cementificazione, dentro la sala delle Assise si recita il copione dell’ottimismo: “tavoli di lavoro”, “visioni condivise”, “sfide del futuro”. Si celebra la ZLS come “grande conquista”, come se aver perso mille ettari di campagna fosse un premio.  

Si cita la “partecipazione giovanile”, ma nessuno ascolta i giovani agricoltori che non trovano più terra da coltivare.  Si parla di “transizione ecologica”, ma si continua a trasformare la pianura in un autoparco a cielo aperto.

L’autostrada come destino

Alla fine, tutto porta lì: all’autostrada Cremona–Mantova. L’opera che da decenni trova il sostegno dei principali interessi edilizi e infrastrutturali. Ufficialmente serve alla “connessione territoriale”; in realtà serve al sistema logistico.

Come la BreBeMi: costosa, poco usata dai pendolari, perfetta per socializzare le perdite e privatizzare gli utili. Intorno alle nuove uscite autostradali si piazzeranno — guarda caso — le nuove aree logistiche della ZLS.  

Il cerchio si chiude: strade per i capannoni, capannoni per giustificare le strade.  Un modello economico che non crea valore, ma dipendenza dal cemento.

Il vero sviluppo (che non si fa mai)

Cremona non ha bisogno di più asfalto. Ha bisogno di pianificazione, rigenerazione, mobilità ferroviaria, agricoltura sostenibile. Serve investire in ciò che mette radici, non in ciò che le sradica.

La politica continua a confondere “fare” con “costruire”.  Ma non tutto ciò che si costruisce è progresso, e non tutto ciò che si ferma è arretratezza.

Una vera visione sarebbe dire: basta nuove logistiche finché non si riutilizzano quelle dismesse. Sarebbe calcolare il costo ambientale prima del ritorno fiscale. Sarebbe riconoscere che il suolo non è un modulo catastale da riempire, ma una risorsa finita.

Cremona c’è

Alla prossima Assise si dirà di nuovo: “Cremona c’è”. Certo che c’è — con i suoi TIR, i suoi svincoli, i suoi capannoni nuovi di zecca. Qualcuno applaudirà la “nuova autostrada per lo sviluppo”. Cremona c’è, oltre la nuvola di smog di Italo Calvino.

Peccato che lo sviluppo, qui, passi sopra quello che resta della nostra terra.

E quando finirà la festa della logistica, resteranno solo i conti da pagare — e un’altra pianura sacrificata sull’altare della “semplificazione”.

 

La spettacolare foto in alto è di Mauro Gaimarri http://www.officinafoto.it/ Si ringrazia per la gentile concessione.

Marco Degli Angeli

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