Il commento
18 dic 2025
Il "Piano Marshall" lombardo: cinque anni dopo, il conto (salato) arriva a Cremona. Fondi accantonati e opere al palo: ecco l'elenco
C’era una volta il “Piano Marshall” lombardo. Anno 2020, piena pandemia, conferenze stampa muscolari e lessico tra lo slang dei paninari e quello dei cumenda anni 80: un cantiere everyday, rilancio, ripartenza, cantieri a raffica.
Insomma... troppo giusto! Arriva il grano. Tre miliardi di euro sulla carta, 1.500 opere promesse, una Regione che – parole dei vertici – avrebbe cambiato volto “in tempi brevissimi”.
Cinque anni dopo, almeno in provincia di Cremona, il volto è più o meno lo stesso. Cambiati, invece, i titoli dei giornali e le scadenze. E soprattutto, evaporato l’ottimismo.
Il comunicato di lancio della Giunta lombarda era un concentrato di fiducia: fondi a Province e Comuni, libertà di scelta sugli interventi, cantieri immediati, lavoro per imprese e famiglie. Settori strategici elencati come in un catalogo dei sogni: mobilità sostenibile, edifici pubblici, dissesto idrogeologico, digitalizzazione. Il tutto condito da una parola magica: “extra-ordinario”.
La realtà, però, è stata molto più ordinaria. A cinque anni di distanza, qualcosa è stato fatto, è vero. Piccoli interventi di riqualificazione urbana: qualche angolo di piazza rifatta, asfaltature, tettoie, parchetti, brevi tratti ciclabili, qualche spazio multifunzionale. Opere utili, per carità. In alcuni casi – come a Casale Cremasco – visibili e apprezzabili.
Ma il grosso, quello che doveva “cambiare il volto” del territorio, è rimasto dov’era: nei cassetti. Tutte o quasi le opere maggiori – tangenziali, varianti, rotatorie strategiche – sono rimaste sulla carta. Qualche bel rendering, qualche studio pagato profumatamente, zero cantieri. Non un centimetro di nastro bianco-rosso. E, a questo punto, difficilmente lo vedremo.
Perché? Per una miscela esplosiva di carenza di pianificazione, distribuzione a pioggia di promesse di finanziamento e assenza di seri studi di fattibilità. Si è finanziato l’annuncio prima ancora del progetto, il progetto prima ancora dell’utilità reale, la propaganda prima ancora della sostenibilità economica.
Risultato: fondi immobilizzati, aspettative create e poi deluse, territori lasciati in sospeso.
Di quei tre miliardi sbandierati, una fetta consistente ha preso una direzione ben precisa: la Pedemontana. L’eterna incompiuta lombarda che, incompiuta o no, continua a drenare risorse pubbliche. Solo dal Piano Marshall, 431 milioni di euro regionali per completare le tratte B2 e C, più altri milioni per opere compensative locali. Qui sì, i soldi sono arrivati e sono stati usati. Altrove, molto meno.
E veniamo alla provincia di Cremona. Il riparto è emblematico: 12,95 milioni di euro al Cremonese, 54,25 milioni al Cremasco, zero al Casalasco. Ma il vero capolavoro contabile è altrove: oltre 109 milioni di euro “dedicati” al territorio cremonese, tutti accantonati per l’autostrada Cremona–Mantova come contributo pubblico regionale. Una cifra messa a garanzia del Piano Marshall e rimasta, di fatto, congelata.
Quei 109 milioni sono lì, fermi, mentre altre opere arrancano o muoiono. La tangenziale di Casalmaggiore, ad esempio, non ha mai ottenuto uno slot di finanziamento, senza che nessuno abbia mai spiegato seriamente il perché.
La tangenziale di Dovera, inizialmente finanziata con 13 milioni, nel frattempo è lievitata a 20. La tangenzialina di Crema, annunciata a 7 milioni, ha cambiato nome – ora si chiama “Gronda Nord” – e forse anche prezzo: 14? 20 milioni? Intanto è ferma.
Nel frattempo restano bloccati 500 mila euro per un sottopasso ciclabile sul viale di Santa Maria a Crema, quasi 400 mila euro per la ciclabile Crema–Madignano, giusto per citare due esempi minori ma emblematici.
Annunci, conferenze, comunicati. Poi il nulla. La distanza tra la propaganda e la realtà è diventata siderale.
Gli unici a festeggiare, in questo scenario, sono stati gli studi di progettazione. Studi di fattibilità, proposte preliminari, varianti, aggiornamenti: tutto regolarmente commissionato e pagato. Progetti destinati a invecchiare nei cassetti, in attesa di essere rispolverati e rifatti tra dieci anni. Magari con nuovi fondi, nuovi annunci e le stesse promesse.
E mentre si investe in opere buone per il marketing territoriale e per le prossime campagne elettorali, non si trovano risorse per completare le reti ciclabili esistenti, collegare in modo sostenibile i Comuni, sistemare manutenzioni ordinarie attese da anni, mettere in sicurezza edifici scolastici non sempre in condizioni ottimali.
O, perché no, completare davvero le case di comunità per garantire servizi socio-sanitari adeguati.
A questo punto, una domanda è inevitabile: quanti soldi pubblici sono stati spesi per progettare opere che non vedranno mai la luce?
E soprattutto, è normale che risorse vincolate restino bloccate per anni, sottratte a interventi concreti e immediatamente utili ai cittadini?
Qualcuno, prima o poi, dovrà rispondere. Anche perché, quando il “Piano Marshall” resta solo uno slogan, il conto lo paga il territorio.
Marco Degli Angeli
© RIPRODUZIONE RISERVATA