Il commento

02 set 2025
Gaza Foto di hosny salah da Pixabay

Dal genocidio alla Riviera: il business che cancella un popolo. Dietro i rendering patinati un’idea brutale: trasformare Gaza in un hub globale depopolato

Una “ricostruzione” da 100 miliardi di dollari, grattacieli disegnati dall’intelligenza artificiale, resort stile Dubai - ma senza palestinesi. È questa la visione assurda del progetto GREAT Trust (Gaza Reconstitution, Economic Acceleration and Transformation Trust), confezionato negli Stati Uniti, benedetto da Israele e finanziato da fondi sovrani del Golfo, stando ai documenti visionati dal Washington Post.

Dietro i rendering patinati si cela un’idea brutale - trasformare Gaza in un hub globale depopolato. Una pulizia etnica finanziarizzata.

Il piano GREAT Trust: Gaza come un “resort”

Il piano, confezionato in un corposo dossier di 38 pagine, propone la “ricostruzione” dell’enclave sotto una amministrazione fiduciaria statunitense per almeno dieci anni. Obiettivo dichiarato: farne un polo di turismo e manifattura high-tech.

Il documento parla chiaro: spostamento “temporaneo” o “volontario” dei due milioni di abitanti di Gaza verso altri Paesi o zone “sicure” all’interno dell’enclave. I proprietari di terreni potrebbero ottenere “token digitali” in cambio dei loro diritti, che potrebbero essere riscattati per un appartamento nelle nuove “smart cities” oppure usati per finanziare una nuova vita altrove.

In cambio del trasferimento, ogni palestinese riceverebbe 5.000 dollari in contanti, quattro anni di affitto gratuito e un anno di aiuti alimentari. Il documento stima un risparmio di 23.000 dollari per persona rispetto ai costi del “supporto vitale” per chi rimane.

L’obiettivo proclamato: trasformare Gaza in sei-otto città intelligenti, alimentate dall’intelligenza artificiale, con prospettive da resort marittimo - «Gaza Trump Riviera» - dove non mancano isole artificiali come a Dubai.

La popolazione? Un dettaglio

L’eufemismo “volontario” nasconde la brutalità dell’espulsione. Il piano calcola un risparmio crescente quanto più popolazione accetta di andarsene. È la formula perfetta del genocidio finanziario: ogni persona che parte salva soldi al trust.

Come scrive Repubblica, la tokenizzazione nasce per svendere la terra di Gaza, aprendo la porta a speculatori e fondi globali. «Un furto di terra e ‘un crimine di guerra di proporzioni storiche’», denuncia il Council on American-Islamic Relations.

I registi finanziari: Kushner, BCG, fondi del Golfo

Il piano è stato presentato alla Casa Bianca alla presenza di Jared Kushner (il genero del tycoon), che mantiene forti legami con l’Arabia Saudita, il Qatar e gli Emirati.

Dietro le quinte operano:
- Boston Consulting Group (BCG): si è occupato dei modelli finanziari, poi ha negato ogni coinvolgimento autorizzato (i partner sono stati licenziati);
- Tony Blair Institute: brogliato nel progetto, ha partecipato informalmente ai lavori ma si defila rispetto ai contenuti più controversi;
- Fondi del Golfo (come il Public Investment Fund saudita) sono menzionati come potenziali investitori nel piano.

L’infrastruttura sarà in mano a colossi come Caterpillar, con azionisti come BlackRock, Vanguard, State Street. Si fa strada la possibile entrata di Blackstone, già presente a Tel Aviv. Tutto questo intreccio trasforma Gaza in un prodotto finanziario globale, da spacchettare e rivendere sotto l’etichetta della “ripresa”.

Gaza nodo della “Via del Cotone”?

Ma non basta: Gaza dovrebbe diventare il tassello finale della cosiddetta Via del Cotone, un corridoio commerciale promosso da Washington per collegare India ed Europa bypassando la Cina. Israele ambirebbe così ad essere lo snodo logistico strategico: gasdotti, fibra, porti... e perfino un faraonico “Canale Ben-Gurion” da Eilat al Mediterraneo, secondo alcuni documenti — tutto è pensato per una Gaza svuotata e funzionale ai flussi globali.

La complicità occidentale

Questo progetto si innesta negli Accordi di Abramo (2020) e nel processo di normalizzazione tra Israele e i regimi del Golfo. È la logica del «business prima di tutto», dove la tragedia palestinese diventa occasione di speculazione geopolitica. Le cancellerie preferiscono appelli al “cessate il fuoco umanitario” mentre, dietro, i dossier avanzano.

La voce della solidarietà

In controtendenza, dal basso arrivano segnali concreti: a Genova, la Global Sumud Flotilla - migliaia di persone, attivisti che vogliono rompere il blocco marittimo israeliano per portare aiuti veri a Gaza. Un gesto che svela il contrasto tra chi specula su un popolo e chi rischia la vita per difendere un diritto fondamentale.

La domanda nasce spontanea. Ci sono già aziende italiane interessate ad infilarsi in questa opportunità immobiliare e finanziaria? Quanti fondi di investimento proposti dalle societá di risparmio e dalle banche  italiane proporranno guadagni collegati a titoli azionari e obbligazionari  di aziende che saranno protagoniste di questa speculazione sulla pelle di un intero popolo?

Quanti accetteranno di arricchirsi sfruttando la bolla finanziaria della corsa gli armamenti?

Gaza non è solo americana, saudita o emiratina. È l’epicentro di un esperimento politico-finanziario senza precedenti. Qui si decide se un popolo può essere espulso in nome del profitto. Se la guerra diventa affare immobiliare. Se un genocidio può essere venduto come sviluppo. 

Le torri lucenti del “Trump Riviera” si reggono su un vuoto: l’assenza dei palestinesi. E allora la domanda non è più “cosa diventerà Gaza”, ma cosa resterà dell’umanità di chi, in Occidente, finge di non vedere.

Marco Degli Angeli

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