Il commento

14 nov 2025
tacchini allevamento Foto di Ralph da Pixabay

Focolaio di aviaria nel mantovano, a meno di 60 chilometri da qui. Ma che ci frega a noi? Avanti così, con allevamenti intensivi e sfruttamento agricolo

Ci risiamo. Ciclicamente. Perché è questa la “normalità” in un sistema produttivo divenuto ormai insostenibile per l'uomo e per l'ambiente.

La notizia è uscita questa mattina sulla Gazzetta di Mantova: nell'alto mantovano è stato rinvenuto un focolaio di aviaria. Ben ventimila capi verranno abbattuti: undicimila tacchini da carne sono stati soppressi ieri, mentre nei prossimi giorni la stessa sorte toccherà ad altri novemila volatili.

“Si tratta – annota la Gazzetta di Mantova – del primo caso di positività riscontrato in un allevamento mantovano di pollame nel secondo semestre del 2025 per il virus ad alta patogenicità (Hpai) sottotipo H5n1”.

L'Ats, si apprende, ha confermato che l’allevamento si trova a Guidizzolo, ma “la scorsa settimana, un caso di aviaria, del ceppo H5n1” informa la Gazzetta, è stato “riscontrato in un cigno a Goito”. 


E mica finisce qui: il 16 ottobre, un mese fa, è stato registrato un primo caso di aviaria nel Veronese. Anche qui la notizia arriva da fonte certa: “È stato comunicato in questi giorni – si legge sul sito di Confagricoltura – il riconoscimento del primo focolaio di influenza aviaria della stagione, individuato in un allevamento di tacchini a Oppeano in provincia di Verona. Sono arrivate, ora, anche le delucidazioni sulle zone di restrizione nell’area attorno al focolaio che coinvolgono, quindi, anche zone della provincia di Mantova”.

Per farla breve: da un mese si sa che l'aviaria se ne sta girando allegramente tra gli allevamenti intensivi, dal Veronese al Mantovano, fino a lambire il Cremonese, dove peraltro un caso di aviaria è stato riscontrato nel 2021 a Levata di Grontardo.

Basti pensare che Guidizzolo e Cremona sono separate da meno di 60 chilometri.

E basti pensare che solo un paio di settimane fa un altro focolaio è stato rinvenuto nel Cremasco, dove sono stati abbattuti 60mila tacchini (fonte, Il Giorno).

Ora, il tema, praticamente, non fa più notizia, tanti sono i casi che ciclicamente emergono. Eppure dovremmo preoccuparci. Ma non lo facciamo. Leggiamo, prendiamo atto, al massimo un paio di invettive poi la faccenda finisce lì.

Un po' come il caso di dermatite nodulare bovina che ha interessato ben 29 Comuni del Cremonese a fine giugno. Più saputo niente? Macché, il caso si è sgonfiato e ce ne siamo dimenticati.

L'unico a ricordarsene, in realtà è stato il consigliere regionale del Pd, Matteo Piloni. Sì, se ne è ricordato ma per chiedere alla Regione Lombardia “quali indicazioni operative siano state fornite alle aziende zootecniche al fine di rafforzare i livelli di biosicurezza aziendale, in un'ottica di prevenzione e contenimento della diffusione della malattia” e “se si sta pensando a bandi volti a sostenere economicamente le aziende agricole nel miglioramento delle strutture e delle pratiche di biosicurezza in funzione preventiva”.

Da allora, sulla dermatite nodulare, solo silenzio. E, forse, indennizzi agli agricoltori.

Ora torna l'aviaria, compagna di viaggio dell'uomo nel suo transitare contemporaneo attraverso un sistema che produce più di quel che serve, favorisce gli allevamenti intensivi, li incoraggia, sfrutta il suolo, si butta a capofitto (a capo-profitto sarebbe più corretto dire) nell'impresa di far spuntare impianti di biometano come fossero prataioli. E ancora, sostiene e implementa l'allevamento intensivo, in particolare in una terra, la Pianura Padana, già sfruttata all'inverosimile.

Qualche dato? Eccolo, lo ha riportato Marco Degli Angeli su questa testata: nel 2021, Cremona contava 531 suini e 177 bovini per chilometro quadrato. Non solo sui campi: sull’intera superficie provinciale. Il record assoluto in Lombardia.

Per capirci: Brescia: 275 suini/km²; Mantova: 475 suini/km²; Media regionale: 185 suini/km².

E ancora: Cremona da sola ospita oltre 312.000 bovini in 1.227 allevamenti. È la punta del “quadrilatero zootecnico lombardo” (insieme a Brescia, Mantova e Lodi): una mucca ogni 11 cittadini. Un suino ogni 2, scarsi, con tutta l’ammoniaca, il metano, il protossido di azoto e le polveri che comporta.

Poi ci domandiamo perché in quest'area del Paese riceviamo più premi (negativi) che a una cerimonia per gli Oscar. Premi per il maggior numero di morti per inquinamento, premi per la peggiore qualità dell'aria, premi per il maggior consumo di suolo, premi per la maggiore incidenza di malattie, epidemie e zoonosi. E via così, avanti andare.

Ma noi no, mica ci fermiamo. Noi si procede su questa strada. Ora si griderà un po' allo scandalo: oddio arriverà mica anche qui l'aviaria? Oddio, il tacchino che ho mangiato ieri da dove arrivava?

Poi ce ne dimenticheremo. E arriverà il solito politico a pietire soldi alla Regione per ristorare allevatori e agricoltori.

Poi arriverà l'ennesima classifica sulla qualità dell'aria e ci scandalizzeremo, ma il giorno dopo torneremo alle nostre vite. 

E guai a toccare agricoltori e allevatori. Anzi, avanti a tutto spiano – alla faccia di cittadini impegnati e comitati – a piazzare impianti di biometano, ampliare allevamenti intensivi e spianare il suolo a forza di agrivoltaico.

E ci si risente alla prossima zoonosi.

Federico Centenari

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