Il commento
30 giu 2025
Fuochi d'artificio, domani è un altro giorno. E tutte queste polemiche andranno perdute nel tempo, come lacrime nella pioggia...
Accucciato tra l'erba, l'uomo controlla un'ultima volta il suo arsenale. Conta con cura le “bombe di Maradona” pronte a illuminare a giorno la notte calda e afosa. Verifica i collegamenti, testa con mano esperta cavi e innesco. Poi si alza, si terge il sudore dalla fronte e volge lo sguardo alla notte senza stelle. Abbassa gli occhi sull'orologio da polso, si accerta che sia perfettamente sincronizzato con l'ora indicata dal cellulare.
Bene. E' tutto pronto. Dieci minuti e il cielo sarà suo. Regista occulto dello spettacolo che i cremonesi attendono da un anno. Eccoli. Sono assiepati ovunque, a poca distanza da lui. Occupano ogni spazio libero nel raggio di una ventina di chilometri attorno al Po silente e nero nella notte.
L'uomo assapora gli ultimi istanti che lo separano dalla gloria imperitura. Adora l'odore della polvere da sparo nella notte, esattamente come Robert Duvall nei panni di William "Bill" Kilgore amava l'odore del Napalm la mattina presto in Apocalypse Now.
Ma ecco. Un fruscio, rumore di arbusti secchi. Un uomo gli si fa appresso. I due si scrutano nella penombra, poi il nuovo arrivato sentenzia: «La postazione è sbagliata. Ordini superiori. Da qui non può partire nessun fuoco d'artificio».
Il pirotecnico aggrotta la fronte. Si volta di lato, sputa per terra. «Non se ne parla. E' tutto pronto per il lancio».
L'uomo insiste: «Ordini superiori, maggiore. Non è questa la postazione. Sposti immediatamente tutto».
Un colpo di tosse nel silenzio. «Nossignore, i fuochi partono da qui o non se ne fa niente».
«Osa disobbedire?»
«Se vuole metterla così...».
«Bene, come vuole lei. Per stasera è congedato».
Il pirotecnico scuote la testa. I principi, prima di tutto.
Fa per andarsene, ma l'uomo lo afferra per un braccio: «E tutti quei cittadini? Non vorrà forse privarli dello spettacolo?».
Il pirotecnico abbraccia con lo sguardo l'orizzonte. Manipoli di cremonesi attendono frementi. Da un anno aspettano il momento. Il momento.
Il pirotecnico inchioda uno sguardo duro negli occhi dell'altro. «Francamente, me ne infischio», sibila prima di voltare le spalle e abbandonare la postazione, novello Clark Gable della Bassa dalla camminata fiera alla Clint Eastwood.
No, niente da fare. Nessun fuoco d'artificio illuminerà la notte cremonese nel nome di San Pietro. Il dado è tratto, lo sfregio compiuto.
L'uomo, atterrito dall'irremovibilità del pirotecnico, corre a informare. Ma è tardi, è tardi. E' mezzanotte e nessuno ha ancora comunicato niente. Chi lo dirà ai cittadini? Chi si assumerà l'ingrato compito di dire che no, non ci sarà alcuno spettacolo pirotecnico questa notte, per la prima volta da quando è stata istituita la ricorrenza?
Nessuno fiata. Nessuno ha il coraggio di parlare. L'imprevisto scotta più del bengala acceso ed esploso nei cieli della Bassa, se solo fosse stato acceso e se solo fosse esploso.
E ora? Nulla. Tutto è andato perso.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia: grazie Roy Batty, il tuo cuore di replicante palpita ancora, a tanti anni di distanza dal film. La tua saggezza non morirà. Mai.
E domani? Domani è un altro giorno, e Via col vento.
Domani è il tempo delle polemiche. Il tempo dei fuochi d'artificio della politica. Che se la cantino e se la suonino tra di loro.
Perché, in un modo o nell'altro, lo spettacolo deve continuare. Sì, the show must go on.
Federico Centenari
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