Il commento
10 set 2025
I miliardari alla cassa con lo sconto: ovvero l'Italia a doppio binario, con i cittadini tallonati dall'Agenzia delle Entrate e i soliti furbi
C’è qualcosa che non torna in questo Paese. Anzi, c’è molto che non va. Mentre i cittadini comuni vengono tallonati dall’Agenzia delle Entrate e sbattuti in prima pagina per poche centinaia di euro, c’è chi può permettersi di spostare miliardi, evadere imposte e cavarsela con sconti, rate e prescrizioni.
È l’Italia dei super-furbi, quelli con le società in Lussemburgo, le residenze in giro per il mondo e i commercialisti pronti a trasformare miliardi in “sviste” fiscali.
Prendiamo il caso di Andrea Pignataro, secondo uomo più ricco d’Italia, con un patrimonio stimato in 34 miliardi di dollari. Secondo le contestazioni fiscali avrebbe sottratto al fisco italiano 1,2 miliardi di euro. Risultato? Grazie a norme benevole, ha chiuso i conti con lo Stato con un assegno di “soli” 280 milioni, spalmati in cinque anni.
“Nessuna evasione” affermano i legali, solo “una divergenza interpretativa nel frattempo sanata dal legislatore. L’accordo transattivo non implica alcun riconoscimento di colpevolezza o evasione”
Poi c’è la famiglia Elkann. John ha concordato con l’Agenzia delle Entrate un versamento di 183 milioni per chiudere i conti con la giustizia tributaria, legati all’eredità miliardaria della nonna Marella Caracciolo, vedova dell’Avvocato.
Secondo la procura di Torino, sarebbero stati sottratti al fisco circa 1 miliardo di massa ereditaria e redditi non dichiarati per altri 248 milioni. Per far credere che non sia successo niente Elkann, per almeno un anno, si recherà in “messa alla prova” in una sede dei Salesiani di Torino dove svolgerà lavori di “pubblica utilità” per “espiare” il peccato. Se anche il gip darà il consenso, il procedimento sarà sospeso e, se Elkann avrà chiuso positivamente il percorso concordato, il reato si estinguerà. Amen.
Ma anche qui, nessuna gogna mediatica, nessun linciaggio politico: solo discreti patteggiamenti, “messe alla prova” e casellari penali ripuliti.
A questo punto la domanda è semplice: dove sono i politici che strillavano contro i “furbetti” (giustamente puniti) del reddito di cittadinanza? Per loro, telecamere e manette. Per i miliardari strette di mano e “accordi bonari”. Evidentemente in Italia i furbi non sono tutti uguali: c’è chi sbaglia con la erre moscia e l’abito giusto, e chi lo fa con la maglietta sbagliata.
E poi c’è la politica. Non solo indulgente con i potenti, ma protagonista diretta di operazioni opache. Basti ricordare i 107 milioni di debiti de l’Unità, il giornale di partito dei Democratici di Sinistra, ripianati nel 2015 grazie all’intervento dello Stato. Tradotto: soldi pubblici usati per tappare i buchi di un organo di stampa che non stava più in piedi.
Non una leggenda, ma il frutto di una legge del 1998 firmata dal governo Prodi, che garantiva i debiti dei giornali politici. Nel frattempo, il tesoriere DS dell’epoca, Ugo Sposetti, aveva blindato in decine di fondazioni locali il patrimonio immobiliare ereditato dall’ex PCI, mettendolo al riparo da ogni pretesa dei creditori.
Debiti a carico dei contribuenti, mattoni al riparo dei partiti. Alla faccia della trasparenza.
Risultato? Come sempre ha pagato Pantalone, ovvero i contribuenti. Un po’ come con i 49 milioni della Lega, che verranno restituiti in 80 anni.
Poi ci spiegano che “le tasse sono bellissime”. Sì, ma solo quando sono gli altri a pagarle.
E allora la domanda è semplice: se ai poveri cristi si chiede rigore, perché ai miliardari e ai partiti si concede indulgenza?
La risposta è sotto gli occhi di tutti.
Marco Degli Angeli
© RIPRODUZIONE RISERVATA