Il commento
15 ott 2025
La politica è l’unico lavoro dove puoi perdere metà dei clienti e chiamarlo successo, e il messaggio è chiaro: più si uniforma, più il Paese la abbandona
C’è un’Italia che non vota più. Non per apatia, ma per lucidità. Ha smesso di credere che la politica serva a cambiare qualcosa, e ha iniziato a considerarla per quello che è diventata: una fiction senza pubblico, dove gli attori recitano anche se il teatro è vuoto.
Le ultime elezioni regionali in Toscana e Calabria ne sono l’ennesima prova. Numeri alla mano, il voto non racconta più la volontà popolare, ma solo la resistenza di una minoranza e la lenta ed inesorabile affermazione di una oligarchia.
Le ultime regionali in Toscana e Calabria lo dicono chiaro: la politica parla da sola, e gli italiani, saggiamente, hanno tolto l’audio.
Toscana e Calabria: la maggioranza del “non pervenuto”
In Toscana, l’affluenza è crollata al 47,7%, contro il 62,6% del 2020. Quasi 450 mila persone in meno. In Calabria, si è fermata al 43,1%, con un’altra ondata di 23 mila cittadini spariti dalle urne. Una fuga silenziosa ma inesorabile, che nessun talk show può più mascherare.
La politica continua a discutere di “vittorie” e “mandati popolari”, ma il popolo — semplicemente — non partecipa più alla conversazione. È come se un conduttore continuasse a parlare in TV mentre il pubblico ha già cambiato canale.
La realtà che i numeri (non) raccontano
In Toscana, il PD ha incassato il 34,6% dei voti, FdI il 24,4%, Forza Italia il 6,2%, Lega il 4,9%, M5S il 5,6%. Ma se rapportiamo i voti all’intero corpo elettorale — cioè a chi aveva diritto di scegliere, non solo a chi si è scomodato per farlo — la fotografia cambia.
Regione Toscana
PD 16,5%
Fratelli d’Italia 11,6%
Forza Italia 3,0%
Lega 2,3%
M5S 2,7%
Calabria
Forza Italia 7,2%
PD 5,5%
Fratelli d’Italia 4,7%
Lega 3,8%
M5S 2,6%
Il “primo partito” toscano rappresenta uno su sei cittadini. In Calabria, meno di uno su quattordici. Eppure, da Roma alle segreterie di partito, si brinda come se il popolo avesse scelto. La verità? Il popolo ha scelto. Di restare a casa.
Destra, sinistra e il centro del nulla
Destra e sinistra fingono di combattersi, ma usano lo stesso copione, scrivono le stesse battute, fanno ridere allo stesso modo: per sbaglio. Oggi la vera differenza tra un leader e l’altro è la tonalità dell'abito nei talk show. Destra e sinistra litigano ogni giorno. Ma sulle cose serie sono un corpo unico: stesso copione, stessi sponsor, stesso “ce lo chiede l’Europa”.
Ormai è difficile capire dove finisca la destra e inizi la sinistra: serve Google Maps.
Chi dissente è “populista”, chi si astiene è “disilluso”, chi resta lucido è “antipolitico”. È il nuovo lessico del potere: se non voti per loro, sei tu il problema. È come un ristorante che dà la colpa ai clienti se la cucina fa schifo.
Nel 2018, in Lombardia votò il 73,1% — 5,76 milioni di cittadini. Nel 2023, solo il 41,67%, circa 3,28 milioni. Due milioni e mezzo di persone in meno. Un esodo elettorale che in qualsiasi altro Paese avrebbe fatto saltare le poltrone.
Qui no. Qui si chiama “dato fisiologico”. Fisiologico, certo: come un’emorragia.
Alle Europee 2024, l’Italia ha votato al 49,69%, contro il 56,09% del 2019. In Lombardia, il calo è stato da 64,1% a 55,3%. Un tracollo nazionale, ma anche culturale: metà del Paese non crede più che il proprio voto serva a qualcosa. E chi osa dirlo viene tacciato di qualunquismo, come se la delusione civile fosse un reato.
La democrazia non muore con i carri armati: muore quando la gente smette di credere che valga la pena alzarsi dal divano.
Il rumore del silenzio
I media, intanto, si affannano a raccontare il teatrino. Chi ha vinto, chi ha perso, chi ha twittato per primo. Ma non dicono la cosa più ovvia: la platea è mezza vuota e nessuno ride più. La disinformazione non è dire bugie: è ignorare le verità che bruciano.
Il problema non è l’astensione. Il problema è che l’astensione ha ormai più dignità del dibattito politico.
La democrazia delle minoranze
Oggi la “maggioranza” governa grazie a una minoranza dei votanti, che a sua volta rappresenta una frazione del Paese reale. Un sistema perfetto: pochi decidono per tutti, tutti si lamentano, nessuno cambia niente. La democrazia italiana è diventata un esperimento di sopravvivenza dell’apparenza.
Dicono che il potere venga dal popolo. Ma il popolo, a quanto pare, ha traslocato.
Da Nord a Sud, dalle regionali alle europee, la tendenza è chiara: il popolo si ritira in silenzio, e la politica applaude se stessa. Non è disaffezione: è disillusione, è resistenza passiva. Un gigantesco “no” espresso restando fermi.
È la risposta più educata possibile a un sistema che non ascolta, non rappresenta e non si rinnova. Chi resta a casa non è indifferente: è consapevole. Ha scelto il silenzio come ultimo gesto politico. Un messaggio chiaro, più potente di qualsiasi voto.
Dalla Calabria alla Lombardia, dalla Toscana a Bruxelles, la parabola è chiara: più la politica si uniforma, più il Paese la abbandona.
È l’unica legge che ancora funziona in Italia.
Marco Degli Angeli
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