Il commento

05 dic 2025
Campagna cremonese

Biometano, impianti e memoria corta: il Paese che si scandalizza in ritardo perché indignarsi è facile dall’opposizione, difficile quando si governa

In Italia esiste una malattia endemica: la memoria selettiva. Funziona a intermittenza, come le luci di Natale: accendi quando conviene, spegni quando serve, dimentica tutto il resto. Il biometano è il caso scuola perfetto: impianti finanziati, digestato in eccesso, rischi ambientali noti… e indignazione improvvisa e tardiva.

Il PNRR ha stanziato circa 2 miliardi di euro per la riconversione degli impianti agricoli a biogas in impianti di biometano. La misura, firmata dal MiTE nel 2022 (Cingolani) e seguita dal MASE (Pichetto Fratin), prevedeva incentivi fino al 40% dei costi ammissibili e tariffe incentivanti per chi producesse gas dai residui agricoli.

In Lombardia, dove è concentrato circa un terzo degli impianti nazionali, oltre 500 strutture producono digestato in quantità che spesso supera la capacità dei terreni agricoli. Comitati cittadini e associazioni ambientaliste denunciano da anni rischi concreti: inquinamento delle falde, emissioni odorigene, rilascio di ammoniaca, in un territorio già sotto procedura di infrazione europea per qualità dell’aria e del suolo.

Ed ecco entrare in scena la deputata lodigiana Valentina Barzotti (M5S), da tre anni all’opposizione, dopo i precedenti cinque nella maggioranza dei governi Conte e Draghi, a denunciare la cessione degli impianti a privati subito dopo l’autorizzazione. Soldi pubblici spesi per rendita privata, impianti gestiti da soggetti con obiettivi economici e non dal progettista locale: se confermata, questa pratica sarebbe una deviazione dai principi di economia circolare, come sottolineano anche associazioni ambientaliste e comitati civici.

Il merito della denuncia è indiscutibile: le distorsioni vanno approfondite, verificate, monitorate. Il silenzio del Governo altrettanto avvilente. Il cortocircuito politico, però, è palese: la decisione di investire 2 miliardi del PNRR anche nel biometano fu approvata quando il Movimento 5 Stelle era parte importante della maggioranza del Governo Draghi, con Stefano Patuanelli ministro dell’Agricoltura, senza alcuna protesta parlamentare.

Il settore, allora definito “strategico”, oggi fa gridare allo scandalo chi lo aveva approvato. Ma ancora oggi, nonostante tutto, il termine strategico rimane nelle parole di chi denuncia. E la denucia? Importante ma fatta con tempismo tardivo. Nessuna autocritica.

Strategicità o narrativa da marketing politico? I numeri e le evidenze parlano chiaro.

Secondo il GSE e analisi di associazioni ambientaliste gli oltre 2.100 impianti italiani producono appena 3% dell’energia rinnovabile nazionale; la resa media è bassa. La gestione richiede energia per trasporto, riscaldamento dei digestori e trattamento del digestato. L'impronta idrica notevole.

Molte colture dedicate (mais, sorgo) sottraggono suolo agricolo alla produzione alimentare, favoriscono monoculture e riducono biodiversità.

Sul piano normativo, le criticità erano state sollevate proprio ai tempi della definizione dei maccanismi d’accesso al PNRR nel lontano 2021:
- violazione del principio DNSH (Do No Significant Harm), Regolamento UE 2021/241: assente una valutazione completa del ciclo di vita e delle alternative meno impattanti;
- contrasto con la Direttiva Aria 2008/50/CE, con impatti su NOₓ, PM10 e gas serra;
- ignoranza della Direttiva Nitrati 91/676/CEE, con aumento di nitrati e ammoniaca;
- incoerenza con la Strategia UE sulla Biodiversità 2030, sottraendo suolo e habitat naturali.

In sostanza per gli oppositori: il biometano italiano non è “strategico” né per energia, né per clima, né per agricoltura. Finanziare nuovi impianti significa amplificare problemi già esistenti: digestato in eccesso, impianti sovradimensionati, rischio ambientale e speculazione privata. I due miliardi del PNRR avallati dal governo dei 'migliori' e dalle forze politiche che lo sostenevano hanno semplicemente riforaggiato un settore già critico, con effetti concreti sul territorio denunciati oggi da Barzotti, ma visibili da anni.

Il problema della cessione degli impianti è quindi solo la punta dell’iceberg. Le radici risalgono ai primi impianti biogas e alla narrativa della presunta “strategicità”, ora sfoggiata come giustificazione e ieri accettata senza proteste.

Barzotti ha ragione: le distorsioni esistono, meritano approfondimento e verifica. La memoria corta, però, resta selettiva: indignarsi è facile dall’opposizione, difficile quando si governa.

La politica, il cerchio e la botte della presunta strategicità, e la speculazione pubblica-privata restano il teatro principale, mentre cittadini e ambiente osservano in silenzio.

Marco Degli Angeli

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