Il commento
17 ott 2025
Cremona che invecchia sognando l’autostrada: il futuro è ancora anni ’80. Una spietata analisi delle dinamiche che paralizzano questa città
In provincia di Cremona il tempo passa, ma le idee restano ferme. Le culle si svuotano, i paesi si spopolano e gli anziani aumentano. La società cambia, ma la politica locale sembra vivere in un remake continuo, dove tutto si ripete come in una pellicola anni ’80: stesse battute, stessi sogni di progresso, stessi miti — e l’autostrada come panacea universale, la cura miracolosa per ogni male, dall’isolamento territoriale alla disoccupazione.
Chissà se il prossimo 20 ottobre sarà ancora lei la protagonista dell’Assise dell’economia cremonese convocata presso la Fiera di Cremona.
Un totem d’asfalto, più simbolico che concreto, che racconta un modo di pensare il futuro come se fossimo ancora ai tempi dei “cumenda” in giacca doppiopetto, che partivano da Milano verso Cortina con il cronometro in mano. “Milano-Cortina: due ore, cinquantacinque minuti e ventisette secondi! Alboreto is nothing!” — e intanto, qui, le nostre strade restano rotte, i ponti a rischio chiusura, gli autobus pieni e gli studenti a piedi. I servizi calano ed i paesi si svuotano.
I numeri parlano chiaro: Cremona invecchia
I dati di Openpolis, su base Istat, raccontano una provincia che si svuota dal basso e si appesantisce in alto. Nel 2022, l’indice di vecchiaia nazionale era 187,6 over 65 ogni 100 under 14.
La media cremonese è molto più alta
Nel 2023 l’indice di vecchiaia della provincia di Cremona era pari a 204,4, vale a dire che per 100 bambini di 0-14 anni ci sono circa 204 anziani oltre i 65 anni.
All’1 gennaio 2024 questo indice è salito a 210,7.
L’età media della popolazione provinciale è salita a circa 47,1 anni.
- Cremona città: 227 anziani ogni 100 bambini
- Crema: 225
- Casalmaggiore: 177
Nel 2014, i valori erano rispettivamente 174, 198 e 151.
In dieci anni, un salto netto che conferma un trend: poche nascite, i giovani se ne vanno, gli anziani restano. E con loro aumentano i costi sociali, sanitari e infrastrutturali. E il trend non si ferma.
Questa è la vera emergenza demografica: una provincia che invecchia più in fretta di quanto riesca a reinventarsi.
Piccoli comuni, grandi vuoti
Nei paesi, la questione non è solo l’età media: è la desertificazione sociale. Ogni anno chi può se ne va, e chi resta deve fare i conti con scuole che chiudono, servizi che si diradano e un senso crescente di isolamento. Ogni comune difende il proprio orticello — il suo asilo, la sua scuola, la sua RSA, il suo campanile — anche quando a pochi chilometri ce n’è un’altra vuota.
È la logica del “faccio da me”, come se bastasse un’insegna per tenere in vita una comunità.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza doveva segnare una svolta. Invece, in troppi casi, ha alimentato vecchi riflessi campanilistici.
Asili e plessi nuovi di zecca, a pochi chilometri l’uno dall’altro, progettati senza una regia d’area. Idee e progetti scollegati e spesso in sovrapposizone. Cattedrali nel deserto demografico.
E lo stesso copione si ripete nella sanità territoriale: ogni comune si muove da solo, inseguendo bandi e visibilità, mentre il vero nodo — garantire continuità assistenziale a una popolazione che invecchia — resta sullo sfondo.
Sanità: le Case di Comunità che non ci sono
La sanità territoriale, sulla carta, dovrebbe essere la risposta ai bisogni sociosanitari. La legge regionale prevede tre Case di Comunità in provincia di Cremona. Ma a oggi nessuna di queste è realmente operativa secondo i parametri del DM 77/2022: mancano diagnostica, personale e servizi integrati.
Il personale è insufficiente e stremato, le strutture incomplete, i servizi a intermittenza.
Così, mentre si tagliano nastri e si fanno conferenze stampa, il cittadino resta pendolare della salute, costretto a spostarsi per curarsi o ad aspettare mesi per una visita.
Un modello che promette prossimità ma produce distanza, con i costi per garantire trasporto e assistenza a carico delle famiglie e dei comuni.
E poi c’è lui: il Masterplan 3C e associazione temporanea annessa. Una creatura che torna ciclicamente come un déjà-vu, annunciata ogni volta come la chiave dello sviluppo, ma mai veramente messa a terra (a differenza degli studenti, che a terra vengono lasciati davvero).
Un documento che da anni parla di competitività, ritorno economico e attrattività, ma mai di fragilità, bisogni e diritti.
Ora pare che il Masterplan sarà nuovamente ripresentato e rispolverato durante la prossima “Assise dell’economia cremonese”, in programma il 20 ottobre in Fiera.
Già il nome è un programma: Assise, dal latino assidere, significa “stare seduti”. Un’immagine perfetta, quasi involontariamente geniale: un territorio politicamente fermo, che si autocelebra mentre si impantana, discute di “strategie” ma non cammina. Case di comunità carenti, privatizzazione socio sanitaria galoppante, servi pubblici sempre più in affanno e casse comunali sempre più vuote a causa dei tagli governativi.
Sarà un altro giro di slide, forse qualche foto con il plastico e le solite parole — “sviluppo”, “sinergia”, “territorio”.
Ma la realtà, fuori dalla fiera, è fatta di paesi svuotati, ospedali in carenza d’organico e famiglie che aspettano un autobus che non arriva.
Dai business plan ai piani per le persone
Il limite è sempre lo stesso: si ragiona come un’azienda, non come una comunità. Si parla di utili, non di bisogni. Il territorio diventa un bilancio da far quadrare, non una rete da rafforzare.
Ma un piano d’area, se vuole essere credibile, deve partire da ciò che serve davvero: salute, scuola, trasporti, servizi, comunità. Servono sinergie vere tra comuni e una lobby territoriale sana e condivisa, con sindaci e consigli comunali capaci di alzare insieme e costantemente la voce verso i governi — attuali e futuri a prescindere dal colore — per evitare tagli e aumentare i trasferimenti alle politiche sociali. Non da ciò che conviene, ma da ciò che mantiene viva la vita nei luoghi.
Il vero progresso non corre: cammina insieme
Senza una visione comune, guidata dall’interesse pubblico, Cremona rischia di diventare una terra di anziani soli, paesi dormitori e città stanche, dove aumenta la forbice tra chi può scegliere e chi deve adattarsi.
Tra chi viaggia per piacere e chi si sposta per necessità. Tra chi sogna l’autostrada e chi aspetta un medico di base.
Il futuro non è un nastro da tagliare e celebrare in fiera, ma un cammino collettivo da rimettere in moto partendo dalla consapevolezza e senza illusioni e slogan luccicanti.
La spettacolare foto di Cremona dall'alto che pubblichiamo a corredo di questa analisi è del fotografo Mauro Gaimarri, che si ringrazia per la gentile concessione.
Marco Degli Angeli
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