Il commento
26 ago 2025
Da area omogenea a Comunità di Pianura: innovazione o nuovo labirinto burocratico? Il dibattito aperto alla Festa del Pd interroga la politica
CREMA – Il recente dibattito ospitato dalla Festa del PD a Ombrianello ha riportato in primo piano un tema cruciale per il futuro della governance locale: la proposta di istituire in Lombardia le Comunità di Pianura, sul modello di quelle montane (con relative indennità, of course...).
Un tema che, al di là delle enunciazioni di principio, solleva interrogativi non più eludibili sulla moltiplicazione degli enti, la legittimazione democratica e la trasparenza dei processi decisionali.
I sostenitori del modello (sulla scia dell'area omogenea Cremasca) – sindaci e amministratori in prima linea – evidenziano i vantaggi di una cooperazione rafforzata tra comuni: condivisione di risorse, erogazione di servizi più efficienti, capacità progettuale ampliata.
Esempi virtuosi, come il progetto della rete di ciclabili cremasche o le nascenti comunità energetiche, dimostrano come la sinergia intercomunale possa generare risultati altrimenti irraggiungibili per i singoli municipi. Tuttavia, al di là dei successi settoriali (che comunque andranno valutati nella pratica e alla prova dei fatti), la prospettiva di un nuovo ente sovracomunale impone una riflessione più profonda e critica.
Il paradosso della moltiplicazione istituzionale
Il primo nodo concerne la proliferazione degli enti intermedi. All’attuale configurazione istituzionale – composta da Regione, Provincia (ormai depotenziata e priva di elezione diretta), ATS, Consorzi e dalle stesse Aree Omogenee (Cremasca, Cremonese, Casalasca) – si intenderebbe aggiungere un ulteriore tassello.
Sorge spontaneo chiedersi: esiste una strategia chiara di razionalizzazione che definisca competenze, budget e confini di queste sigle? Sono previste modifiche al TUEL o concessioni di deleghe operative, o bilanci autonomi? O si rischia di alimentare una giungla istituzionale in cui l’accavallarsi di competenze finisce per ostacolare l’efficacia anziché promuoverla, con il conseguente dispendio di risorse pubbliche?
Il deficit democratico: chi governa il territorio?
La questione più spinosa riguarda la legittimazione democratica. I sindaci, pur portando la legittimità derivante dal voto popolare, ricevono il mandato per amministrare il proprio comune, non per deliberare in un'assemblea sovracomunale che decide priorità, fondi e strategie per un intero territorio (soprattutto quando si inizia a parlare di Pgt sovracomunali).
Dove sono i momenti di confronto pubblico in cui i cittadini possono contribuire a delineare le scelte sovracomunali che li riguardano da vicino? Il rischio concreto è che le decisioni vengano confinate in stanze chiare solo ai tecnici e agli amministratori, creando una frattura tra il livello decisionale e le comunità destinatarie di quelle scelte, in un evidente deficit di partecipazione e accountability.
Tecnocrati o politici? Il ribaltamento dei ruoli
Un ulteriore elemento di criticità emerge dal confine sempre più labile tra indirizzo politico e gestione tecnica. Società in-house e consorzi, nati per erogare servizi, assumono sempre più un ruolo di driver della progettualità territoriale. Ma chi stabilisce davvero l’agenda? La politica o la tecnostruttura con il suo know how?
Come si esercita il controllo democratico su scelte di così ampia portata? È essenziale chiedere massima trasparenza: dove sono consultabili i verbali, i mandati conferiti e le linee guida per questi soggetti operativi e le scelte strategiche dell'area omogenea? L’istituzione di un portale unico e aggiornato che raccolga delibere e atti dell'area omogenea non è un optional, ma un presupposto imprescindibile per una governance credibile.
La provocazione necessaria: ritorno alla Provincia?
Di fronte a questa complessità, appare doveroso avanzare una provocazione costruttiva: non sarebbe più efficiente e democratico ripotenziare e rilegittimare l’istituto provinciale? Restituendogli autonomia di bilancio, elezione diretta dei suoi rappresentanti e un chiaro mandato, si creerebbe un unico livello intermedio, legittimato dal voto popolare, in continuo dialogo con la regione e l'assemblea dei sindaci, e dotato di una chiara responsabilità.
La scelta è tra un organismo unico, forte e democratico che risponda delle scelte, e una galassia di enti auto-referenziali, opachi e di difficile controllo.
Conclusioni: tra continuità e immobilismo
L’annunciato “nuovo” obiettivo delle Comunità di Pianura ha un sapore di déjà-vu. Già nel febbraio 2024, a Crema, alla presenza dell'assessore Sertori, se ne discuteva con toni trionfalistici, e si brindava all’approvazione del regolamento e al riconoscimento dell’Area Omogenea Cremasca. A distanza di oltre un anno, la proposta riemerge identica. Questo è segno di perseveranza o di sostanziale stallo?
l “patto del tortello” di Ombrianello sancisce nuovamente un’intenzione. Ai cittadini, tuttavia, non interessano le sigle né le ennesime promesse, ma risposte concrete: con quali risorse? Con quali strumenti?
E, soprattutto, con quale mandato democratico e con quali strumenti di partecipazione?
La palla passa ora alla politica, chiamata a decidere se costruire un modello di governo condiviso e trasparente o dare vita all’ennesimo contenitore vuoto, distante dalla vita reale delle persone. Il rischio è che, mentre la politica discute di strutture, il futuro del territorio si decida altrove.
Prima che il tortello scuocia.
Marco Degli Angeli
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