Il commento

06 set 2025
Euro Foto di Hans da Pixabay

Il cortocircuito della finanza "sostenibile": quando le bombe sono green, ovvero come trasformare il risparmio privato in oro alla patria

Scrivono "sostenibilità", ma intendono guerra. Parlano di "investimenti etici", ma intascano profitti miliardari finanziando il riarmo. Il grande teatro della finanza ESG (Environmental, Social, Governance) ha ormai tolto la maschera, rivelando uno spettacolo grottesco: missili, munizioni e jet da combattimento impacchettati come prodotti "verdi" per investitori ignari o complici.

Cosa significa finanza ESG?

ESG sta per Environmental, Social and Governance e indica un criterio di valutazione dell'impatto aziendale sulla società. Spesso chiamato rating di sostenibilità, è un punteggio che misura l’impatto ambientale, sociale e di governance di un’impresa o organizzazione operante sul mercato.

Il grande inganno ESG

Ecco i numeri:
650 fondi etichettati come ESG investono in Rheinmetall (il gigante tedesco delle armi).
370 in Lockheed Martin (i missili parlano da soli).
450 in BAE Systems (progettisti di munizioni, lanciamissili e obici su larga scala).

Sulla carta, questi fondi dovrebbero contribuire a un mondo più equo e sostenibile. La realtà? Il denaro delle "finanze sostenibili" sta finanziando strumenti di guerra, senza troppi scrupoli. I numeri non mentono: nel 2024, l’indice S&P Global Aerospace & Defense ha guadagnato il 17%, mentre quello delle energie rinnovabili ha perso il 27%. La morale?

I fondi ESG con oltre il 5% del portafoglio investito nel settore aerospazio-difesa sono triplicati in due anni, passando da 22 a 66. Alcuni, come quelli “sostenibili” di BNP Paribas e Amundi, hanno più del 10% del portafoglio investito nel settore bellico.

Ma non basta: il 74% dei fondi globali di transizione climatica segue benchmark europei che vietano investimenti in armi controverse (mine antiuomo, bombe a grappolo), ma non hanno problemi a riempire i portafogli con aziende che producono armi "convenzionali", ossia quelle che uccidono eticamente.

Nell’insieme, su 4.584 fondi Esg analizzati recentemente da Bloomberg, sono 2.094 quelli che investono nell’industria delle armi nucleari. 

Il mondo al contrario

"Ce lo chiede l'Europa!" Crea il nemico, alimenta la paura, ed ecco fatto: il gioco è servito.

L’investimento nei produttori di armi è sempre più accettato nei fondi ESG, non solo per il contesto geopolitico, ma anche come scelta strategica. Secondo il Financial Times, molti investitori sposano la tesi governativa secondo cui sostenere l’industria bellica non è solo un rischio etico, ma un’azione con impatti sociali positivi.

Sonja Laud, di Legal and General Investment Management, sottolinea come la guerra in Ucraina abbia riacceso la domanda: siamo davvero in grado di difenderci? Finanziare il settore bellico viene oggi visto come un contributo alla sicurezza globale.

Ora, con la corsa al riarmo mondiale, gli stessi fondi si stanno gettando sull’industria bellica con lo stesso cinismo dimostrato durante la crisi energetica. Dove ci sono profitti, non c’è spazio per l’etica.
Il paravento? La sicurezza, la difesa e i principi europei di pace, fratellanza e uguaglianza.

Greenwashing finanziario: missili e petrolio; non solo armi

Un'indagine di Facing Finance e Urgewald ha rivelato che quasi 5.000 fondi ESG europei hanno investito oltre 123 miliardi di euro in aziende petrolifere e del gas, tra cui Total, Shell, ExxonMobil, Chevron, Eni e BP.

Per anni ci hanno venduto la favola della transizione verde, ma intanto i soldi dei risparmiatori continuavano a foraggiare i colossi del fossile.

Quando la "D" di Difesa si aggiunge all’ESG

Non sorprende, quindi, che i colossi della finanza stiano proponendo una nuova etichetta: ESGD, dove la D sta per Difesa.

L’avvocata Mia Thulstrup Gedbjerg lo dice chiaramente: "Un sacco di capitale affluirà in queste aziende". E già fioccano nuovi fondi specializzati nel settore bellico, come il VanEck Defense UCITS ETF, che nel 2024 ha garantito ai suoi investitori un rendimento del 44%.

E mentre il settore finanziario ride fino alla banca, le istituzioni europee giocano a fare i moralisti con regolamenti ambigui e flessibili. Il risultato? Il concetto stesso di finanza sostenibile è ormai svuotato di ogni significato.

L'oro alla patria. I risparmi privati nel mirino

L’ultima mossa della Commissione Europea punta a trasformare il risparmio privato in carburante per la crescita economica. L'obiettivo? Creare una nuova bolla finanziaria a vantaggio di pochi, non certo per rilanciare occupazione e reddito.

L’idea, sulla carta, è semplice: invece di lasciare miliardi di euro fermi nei conti bancari o sotto il materasso, perché non convogliarli in investimenti bellici?
L'operazione sarà condotta in modo subdolo: sdoganare e far metabolizzare la necessità del riarmo; trasformare semanticamente il riarmo in "difesa". Far passare come etico il finanziamento dell'industria bellica.

Il passaggio dal welfare al WARfare porterà ulteriori tagli a pensioni, sanità e altri strumenti di stato sociale "quotidiano" (vedi i tagli ai trasferimenti ai comuni di cui ho parlato in un precedente articolo). Questo costringerà milioni di cittadini a sottoscrivere polizze sanitarie e previdenziali private legate ai fondi, oltre a cercare di ottimizzare il rendimento dei propri risparmi per coprire le spese aggiuntive.

Insomma, grazie alle nuove formule magiche di Ursula e Mario, i sudditi verranno chiamati, magari anche senza il loro consapevole consenso, a trasformare il risparmio privato in oro alla patria, per difenderci dai barbari e ribadire la nostra superiorità morale e culturale.

Marco Degli Angeli

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