Il commento
29 nov 2025
L'aviaria dilaga nei nostri territori e la politica pensa solo ai ristori per gli allevatori. Investimenti in biosicurezza, va bene: ma i controlli sono sufficienti?
Non solo i tacchini, pure i cigni. E in numero crescente. Tra il Mantovano, il Lodigiano, il Veronese, il Bresciano e il Cremonese l'aviaria sta dilagando. Un focolaio nel Cremonese, a Casale Cremasco, con abbattimento di quasi 60 mila capi due settimane fa.
Poi il fronte si è allargato: Zelo Buon Persico (Lodi) con quasi 15 mila capi abbattuti, Seniga (Brescia) con circa 34 mila capi, Guidizzolo (Mantova) con vari allevamenti coinvolti per oltre 50 mila capi, Olgiate Olona (Varese) con 175 mila capi, Ceresara (Mantova) con altri 15 mila capi abbattuti.
E' l'altra faccia dell'allevamento intensivo, bellezza. E come se non bastasse, a dimostrazione di quanto il fenomeno sia concreto, ecco la notizia (riportata ieri l'altro dalla Gazzetta di Mantova) di un focolaio di aviaria nel lago Superiore di Mantova, con otto cigni risultati positivi.
Questo è il modello di sostenibilità che stiamo portando avanti, con buona pace per il gotha del settore, che proprio in questi giorni celebra a Cremona gli 80 anni delle Fiere Zootecniche Internazionali. Qui, in questi giorni a CremonaFiere, di bovini si tratta, ma il discorso non è diverso. La pianura Padana è un concentramento di allevamenti enorme, radicato, in continua espansione.
Con tutto ciò che questo comporta in tema di ricadute ambientali, ampiamente provate dagli studi scientifici, e dal rischio - ormai sotto gli occhi di tutti - dato dal continuo diffondersi di epidemie tra i capi di bestiame da carne, latte, uova.
Ma il settore è troppo strategico, troppo influente sull'economia locale perché la politica possa intervenire seriamente, imponendo un cambio del modello di sviluppo. Ponendo un freno insomma al proliferare di allevamenti.
No, la politica tutela il sistema. Al massimo cerca di mettere qualche pezza puntando sulle cosiddette "best practices", le corrette procedure. Lo dimostra la recente presa di posizione del consigliere regionale del Pd, Matteo Piloni, intervenuto sui casi di aviaria.
Il soggetto da tutelare non è il cittadino o, più genericamente l'ambiente. No, sono gli allevatori, cui la politica deve procurare pronti ristori e risorse "per garantire le misure di biosicurezza" e sostenerli. Non si chiede, in sostanza, un cambio di passo, non si chiedono controlli più serrati, non si sensibilizzano i cittadini. Si chiedono interventi a favore degli allevatori.
In Regione, proprio in questi giorni, si è tenuta in una seduta congiunta delle Commissioni Sanità e Agricoltura, l’audizione delle associazioni di settore e dell'Unità Operativa di veterinaria di Regione Lombardia per fare il punto sui recenti focolai di influenza aviaria nei territori lombardi.
“In audizione - informa il consigliere regionale Piloni - è emerso il grande lavoro che gli allevatori hanno fatto in materia di biosicurezza, investendo in questi anni soprattutto sia per gli allevamenti di suini che, appunto, in quelli avicoli. Il primo caso riscontrato in Lombardia, a Casale Cremasco, lo scorso ottobre, ha riacceso i riflettori sulla necessità di rispettare e far rispettare le misure di biosicurezza”.
Ecco: grandi investimenti in sicurezza ma i casi di aviaria e di altre epidemie che colpiscono bovini e suini sono e restano comunque all'ordine del giorno. Dunque? E' vera biosicurezza o c'è un problema di mancati controlli, di scarsa sorveglianza affinché le tanto decantate "best practices" vengano applicate?
Ecco la chiave di lettura fornita dal esponsabile dell’unità operativa di veterinaria: "Se da un lato la maggior parte dei focolai è da attribuire alla contaminazione con uccelli selvatici, soprattutto durante le rotte migratorie, in altri casi si registrano situazioni dovute alla movimentazione, soprattutto nei grandi allevamenti. In questi casi aumentano i fattori di rischio ed è quindi necessario tenere alta la guardia nel far rispettare le norme previste dai protocolli”.
Ipse dixit.
Di qui le conclusioni di Piloni: “In occasione del bilancio di previsione che affronteremo a dicembre chiederemo di stanziare risorse adeguate per aumentare e investire in biosicurezza, per rafforzare le attività di prevenzione e tutelare il comparto avicolo, oggi sotto pressione a causa di questi focolai, e soprattutto di destinare risorse per la biosicurezza negli allevamenti di bovini, in ottica di prevenzione, fondamentale per sostenere e tutelare l’economia agroalimentare regionale e i nostri allevatori".
In soldoni (è il caso di dirlo): avanti a spron battuto con stanziamenti di fondi per prevenire e monitorare. Ma il sistema non si mette in discussione.
E i controlli? Se il numero di casi di aviaria o altre epidemie (peste suina, dermatite nodulare bovina, tanto per citare casi concreti registrati in tempi recenti in questi territori) continuano a imperversare un motivo ci sarà, dal momento che si parla tanto di biosicurezza.
In altre parole: i sistemi per migliorare le condizioni negli allevamenti ci saranno pure, ma siamo davvero certi, a fronte dei fatti, che tutti ma proprio tutti applichino le corrette procedure? La domanda è retorica e la risposta ognuno la ricava da sé.
In fin dei conti, la realtà parla chiaro: attorno al settore ruotano troppi interessi. Ruotano attorno all'allevamento intensivo, così come allo sfruttamento del suolo e all'occupazione dei campi con agrivoltaico e altro ancora.
Ma il cittadino? Chi tutela veramente il cittadino a fronte di un quadro ambientale seriamente compromesso e a fronte di un sistema che giorno dopo giorno mostra sempre più evidenti i suoi raggiunti limiti.
No, questo è secondario. E' un altro paio di maniche e il cittadino non può far altro che assistere, leggere, seguire le notizie, apprendere dell'espandersi dei focolai di aviaria e sperare di non incappare in altre grane.
Federico Centenari
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