Il commento

01 dic 2025
Parlamento Foto di Marco Oriolesi su Unsplash

La politica e il Bipolarismo dei Miracolati, dove i due blocchi fingono di odiarsi mentre si spartiscono gli stessi dossier, dalla scuola alla sanità

L’Avvento è arrivato, e mentre il Paese si prepara a mettere le lucine, la politica accende la solita sceneggiata. Io, invece, farò l’opposto: oggi sarò cattivo, così almeno domani potrò dire di essermi pentito. Tanto in Italia il vero miracolo non è il Natale: è il bipolarismo da palcoscenico, quello in cui i due blocchi fingono di odiarsi mentre si spartiscono gli stessi dossier, con la stessa velocità con cui negano d’averlo fatto.

Prendiamo l’esempio più imbarazzante: la legge Cartabia. Oggi viene trattata come una bestemmia istituzionale, ieri era votata con disciplina da chi adesso la rinnega. Ma si sa: nel teatrino romano la coerenza è un optional, la memoria un ostacolo, il ribaltamento di narrazione un dovere professionale. Si cambia posizione come si cambia canale quando parte la pubblicità.

Lo stesso copione si ripete sulla politica estera. Tutti pacifisti, ma a giorni alterni. La pace va bene solo se è la propria area geopolitica a suggerirla; quando l’idea arriva da fuori campo, l’invio di armi torna improvvisamente la sola via possibile. È il bipolarismo della convenienza: predichi dialogo, pratichi escalation; condanni la guerra, poi rifinanzi gli stessi capitoli che la alimentano. E guai a dirlo.

Passiamo ai temi domestici. Sanità, scuola, servizi locali: ogni livello istituzionale accusa l’altro di fallimenti, sprechi, mancanze. Ma basta guardare i bilanci regionali per vedere lo schema: ovunque si governi, le priorità si assomigliano, le emergenze si ripetono, gli annunci sono copia-incolla. E quando in Parlamento arrivano i voti più pesanti — spese militari, grandi opere, incentivi a pioggia — la divisione scompare come per magia. Distanti in piazza, identici in aula.

Poi c’è la pièce metafisica dell’autonomia differenziata. Il blocco che la vuole è lo stesso che, governando da anni, avrebbe avuto tutti gli strumenti per portarla avanti. Quello che la osteggia è lo stesso che ha firmato intese preliminari quando gli conveniva. Risultato: non si fa, non si disfa, ma si usa come clava elettorale. La riforma Schrödinger: c’è e non c’è, serve ma non serve, tutti la sbandierano, nessuno la conclude.

Nel frattempo, la casta — bipartisan come sempre — non tocca un filo dei propri privilegi. Rimborsi, staff, benefit, viaggi, gettoni: patrimonio intoccabile, eredità condivisa da ogni legislatura. Le polemiche volano solo nei talk show; quando si vota, le mani si alzano all’unisono. Alla faccia del bipolarismo.

E ora, puntuale come un timer, parte la campagna elettorale anticipata. Due anni di scontri finti, dichiarazioni gemelle, identici slogan ribaltati solo nel colore. “Siamo l’alternativa”, annunciano entrambi i poli, mentre lavorano — insieme, ça va sans dire — a una nuova legge elettorale che li mantenga rilevanti e indispensabili. Non c’è antagonismo: c’è autoconsacrazione reciproca.

Le alleanze? Congelate, scongelate, rimescolate a seconda dei sondaggi. I posizionamenti? Già decisi mesi prima di dirlo ai giornali. Le liste? In costruzione da quando fingono di non pensarci. È la liturgia eterna della conservazione del potere: stesse facce, stessi rituali, stessa paura di doversi confrontare con la vita reale fuori dai palazzi.

E noi? A breve vedremo il solito show: video emozionali, visita-lampo in fabbrica per la foto, indignazione usa-e-getta sui social, promesse identiche spacciate come rivoluzioni. Due poli che recitano la parte degli avversari mentre praticano politiche sempre più indistinguibili.

Siamo pronti?

Loro sì. A salvarci? No.

A salvarsi? Come sempre: in perfetto, impeccabile bipolarismo.

Marco Degli Angeli

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