L'inchiesta
01 lug 2025
Benvenuti nella terra degli allevamenti intensivi: più ammoniaca che ossigeno, nitrati, rischio zoonosi e tra le prime cause del nostro inquinamento
Soresina, provincia di Cremona. In questa tranquilla cittadina di 8.600 abitanti, il 2024 si è chiuso con un triste primato: 75 giornate oltre i limiti di PM10, più di Milano (1,3 milioni di abitanti), più di Brescia (200mila). Ma qui (come del resto in quasi tutta la nostra provincia) non sono solo il traffico o le emissioni antropiche a soffocare. È l’aria stessa a essere malata, carica di ammoniaca proveniente da centinaia di migliaia di suini e bovini stipati negli allevamenti intensivi della zona.
Benvenuti nella Bassa Padana, dove la concentrazione di animali supera quella umana e i rischi per la salute pubblica non sono più un’ipotesi. Non è una leggenda. È Regione Lombardia stessa a confermarlo.
Mantova e Cremona: allevamenti fuori scala
In Lombardia si conta quasi un capo di bestiame per ogni abitante, ma in provincia di Mantova la proporzione supera i 18 animali a persona, seguita da Cremona con 13. Due territori che, secondo i dati di settore, producono circa il 50% della carne suina italiana.
Solo in provincia di Cremona, secondo dati ufficiali citati in un atto approvato al Pirellone – per la precisione nell’Ordine del Giorno 8977 del dicembre 2022, votato dal Consiglio Regionale lombardo – si registrano:
oltre 1 milione di suini allevati (seconda provincia in Italia);
più di 400.000 bovini, in gran parte destinati alla produzione di latte (circa 650mila nell'ambito dell'ATS Valpadana);
circa 1,5 milioni di polli (avicoli da carne e da uova);
decine di migliaia di tacchini, conigli e altri animali da cortile.
In totale, 1.588 aziende zootecniche nella provincia, di cui circa 150 soggette ad AIA, cioè considerate a forte rischio di inquinamento.
Nella nostra ATS, che unisce le province di Cremona e Mantova, si produce il 44% del fabbisogno di latte regionale e il 18% di quello nazionale, si allevano più di 2 milioni di suini e se ne macellano 3,5 milioni (95% di tutto il fabbisogno della Regione). A queste latitudini il maiale non è solo un animale, è diventato un'unità di misura.
Un numero imponente di animali concentrati in impianti intensivi, che generano ogni anno milioni di tonnellate di reflui zootecnici, da gestire su un territorio già oggi messo alla prova sotto il profilo ambientale.
L’aria si taglia con il coltello
Secondo i dati riportati nell’Odg 8977 (fonte: Regione Lombardia), si evidenzia inoltre che gli allevamenti intensivi sono tra le attività maggiormente monitorate nel Registro europeo delle emissioni (E-PRTR), in particolare per le elevate emissioni di ammoniaca (NH₃). Una volta dispersa in atmosfera, l’ammoniaca liberata dai liquami si combina con ossidi di azoto e zolfo, formando particolato fine (PM2.5), altamente nocivo per la salute umana.
Nelle zone a forte concentrazione zootecnica, come la Lombardia, gli allevamenti risultano responsabili di circa l’88% delle emissioni regionali di ammoniaca e possono contribuire fino al 50% del particolato fine. A livello nazionale, il settore è responsabile di quasi il 17% di PM2.5, superando l’industria (10%).
Lo studio “Inhale”, promosso da Fondazione Cariplo con l’Università Bocconi e Legambiente, conferma che oltre il 95% delle emissioni di ammoniaca deriva dall’agricoltura e dallo spandimento di liquami. Le quattro regioni padane generano il 62% delle emissioni italiane di NH₃, e quasi la metà si concentra in Lombardia.
E poi ci sono i nitrati
I nitrati contaminano le falde. Greenpeace stima che oltre il 40% dei comuni lombardi classificati come vulnerabili superi i limiti di legge. Secondo il monitoraggio di ARPA Lombardia (2022), circa il 9% dei punti nelle ZVN (Zone Vulnerabili ai Nitrati) presenta concentrazioni superiori al limite di 50 mg/l, mentre il 20% supera la soglia di attenzione di 40 mg/l. Nell’atto ufficiale della Regione Lombardia si legge inoltre che nel 43% dei comuni lombardi in ZVN il carico di azoto supera i limiti fissati, fino a 340 kg/ha, ben oltre il massimo consentito di 170 kg/ha dalla Direttiva Nitrati (il cui mancato rispetto comporta multe milionarie da parte dell’Europa, il cui conto ricade su tutti).
Insomma, l’Europa ci multa, ma a pagare è sempre e solo Piero con la Panda non Euro 5.
Zoonosi: il pericolo che pochi nominano
Uno dei rischi più trascurati è quello zoonotico. Un’elevata densità animale in condizioni intensive può aumentare la probabilità di salti di specie da virus e batteri.
In Lombardia ci sono oltre 12.500 allevamenti. Nel biennio 2021–2022, nella sola ATS Valpadana, sono stati:
abbattuti 3.685.130 capi di bestiame
distrutti 540.256 kg di uova
eliminati 1.851.782 kg di mangime contaminato, per una spesa complessiva di oltre 16,5 milioni di euro (fonte: Odg 8977, Regione Lombardia).
Biogas, biometano e reflui che viaggiano
Per gestire questa enorme produzione di liquami, la pianura si è dotata di centinaia di impianti a biogas e biometano, incentivati con fondi pubblici. Tuttavia, alcuni impianti importano reflui da fuori provincia o regione, aggravando ulteriormente il problema.
L’atto regionale più volte richiamato in questo articolo, approvato a larga maggioranza dal Consiglio Regionale lombardo nel dicembre 2022 (con il voto favorevole sia della maggioranza che dell’opposizione), chiedeva una moratoria sia per i nuovi allevamenti intensivi sia per i nuovi impianti a biogas e biometano, in attesa di una programmazione basata su studi epidemiologici e valutazione degli impatti cumulativi.
È stato l’unico momento in cui destra e sinistra hanno votato insieme qualcosa che per anni li aveva divisi. Poi hanno litigato su chi doveva dimenticarsene per primo. Quell’atto istituzionale è rimasto lettera morta. Nessuna delle misure auspicate è stata adottata dalla giunta Fontana allora in carica, né da quella attualmente insediata, che sembra aver archiviato nel silenzio un impegno largamente condiviso. Un atto finito anche lui nel digestore anaerobico. Di sicuro, nel Masterplan "IoCiCredo" non se ne trova traccia (come del resto dell’associazione “Masterplan” stessa...).
Controlli sotto stress: le ATS non bastano
I controlli ambientali e sanitari sono affidati ad ATS e ARPA (enti regionali), ma gli organici sono sottodimensionati. I 299.636 accertamenti svolti in due anni (fonte: Regione Lombardia) rappresentano uno sforzo, ma restano insufficienti rispetto all’enorme volume di allevamenti e impianti.
Nonostante le criticità, non sono ancora state applicate moratorie sulle nuove autorizzazioni AIA. In provincia di Cremona, ne risultano attive oltre 150. Sempre il famoso Ordine del Giorno 8977 chiedeva esplicitamente di sospendere nuovi impianti, finché non fosse definita una strategia organica. Anche questa è stata una richiesta rimasta inascoltata.
Il paradosso della Bassa: respirare o produrre?
Non è un caso se Mantova e Cremona si trovano stabilmente ai primi posti per superamento dei limiti di PM e nitrati. I sindaci si muovono tra le esigenze del comparto produttivo e quelle, sempre più urgenti, della tutela ambientale e della salute pubblica.
Cremona e Mantova non possono più essere considerate solo zone agricole: sono diventate aree ad alto rischio ambientale e sanitario, come riconosce indirettamente lo stesso Consiglio Regionale nel documento ufficiale.
Nel medesimo atto, il Consiglio valutava positivamente l’esempio olandese, dove il governo ha avviato una strategia per ridurre del 30% i capi allevati entro il 2030, stanziando 25 miliardi di euro per sostenere la transizione, garantendo reddito e dignità agli agricoltori.
Senza una presa di coscienza collettiva e senza un intervento strutturale delle istituzioni, le province della Bassa rischiano di diventare una polveriera silenziosa. Non sarà un’emergenza improvvisa a sorprenderci, ma una normalità avvelenata, che ci logora ogni giorno. Con regolarità. Con metodo. Con silenzio.
Marco Degli Angeli
© RIPRODUZIONE RISERVATA