L'inchiesta
28 ott 2025
Verde industriale e finto green, Cremona divorata dal cemento: 84 chilometri quadrati di suolo perso in Italia e la Pianura Padana è il banchetto principale
Il nuovo rapporto ISPRA-SNPA fotografa un’Italia che continua a coprirsi di cemento: nel 2024 persi altri 84 chilometri quadrati di suolo naturale. In Lombardia il 12% del territorio è ormai impermeabile. Cremona non fa eccezione — anzi, è in prima fila, tra logistiche, capannoni e il finto green dei biogas e dei pannelli sopra l'erba.
Ogni ora, in Italia, spariscono 10.000 metri quadrati di suolo. Ogni giorno, 230.000. In un anno, 84 chilometri quadrati, secondo il nuovo rapporto 2025 del SNPA (Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente) e dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
Tradotto: più di 11.700 campi da calcio di campagna, prati, orti, aree naturali cancellati. Cemento, asfalto, parcheggi, impianti industriali e, sempre più spesso, campi fotovoltaici a terra.
Un ritmo di 2,7 metri quadrati al secondo, che nessun calo demografico riesce a rallentare.
Mentre il Paese perde abitanti (–33.000 nell’ultimo anno), il suolo continua a essere divorato da una fame cieca di costruzione e profitto.
Lombardia: regina del cemento
Con il 12,22% del territorio consumato, la Lombardia è la regione più “artificializzata” d’Italia. Significa che un metro quadrato su otto è coperto da qualcosa che la natura non potrà più rigenerare: cemento, asfalto, capannoni, centri commerciali, strade.
Nella sola Lombardia, il 2024 ha visto sparire 834 ettari di suolo, l’equivalente di 1.200 campi da calcio. E dentro questa mappa di perdita, Cremona recita la sua parte.
Cremona: quando la campagna diventa magazzino
Nel 2024, la provincia di Cremona ha perso 44 ettari di suolo, arrivando a un totale di 18.637 ettari consumati — più del 10% del territorio provinciale. Il comune capoluogo da solo ne conta quasi 2.000 ettari coperti da superfici artificiali.
Un record negativo che colloca il territorio cremonese tra i più “sigillati” della Lombardia. E la colpa non è solo delle case: sono i poli logistici la nuova frontiera della cementificazione. Capannoni alti come palazzi, con parcheggi sterminati e viabilità dedicata ai TIR, stanno colonizzando la pianura da Casalmaggiore a Soresina, da Castelleone a Pizzighettone, da Dovera a Castel Gabbiano, passando da Spino e Vailate.
Secondo ISPRA, nel 2024 la logistica ha inghiottito oltre 250 ettari di suolo nel Nord Italia, con una crescita record proprio in Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia.
A Cremona, la pianura che una volta produceva latte, fieno e cereali, si trasforma così in un immenso hub di transito, dove il paesaggio agricolo lascia il posto a una distesa di tetti bianchi e asfalto bollente.
Dal “verde” industriale al finto green
La storia è sempre la stessa, solo con nuovi protagonisti. Prima la biodiversità e l’agricoltura famigliare — quella fatta di cascine, rotazioni, siepi e piccole aziende — hanno ceduto il passo alle logiche industriali delle multinazionali del food, con allevamenti intensivi e monocoltura di mais destinato più ai digestori che alle tavole.
Poi è arrivato il business del biogas e del biometano, il “verde che non lo è”, dove l’ambiente serve solo a generare incentivi. Ora tocca al fotovoltaico a terra: nel 2024 gli impianti hanno quadruplicato la loro impronta, passando da 420 a 1.700 ettari in un solo anno, l’80% su terreni agricoli.
Una corsa all’oro “rinnovabile” che, paradossalmente, consuma suolo e uccide agricoltura, togliendo spazio alla coltivazione e alterando gli equilibri del territorio. Un nuovo capitolo della stessa vecchia storia: la campagna usata come cava di profitto, non come ecosistema da proteggere.
Una terra che non respira più
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: meno prati, meno alberi, meno acqua che si infiltra. Quando piove, si allaga tutto; quando fa caldo, le città diventano forni. Il rapporto ISPRA lo dice chiaramente: tra città e campagna, la differenza di temperatura può superare i 10 gradi. E in pianura padana l’effetto “isola di calore” è tra i più forti d’Europa.
In tutto questo, il costo nascosto del consumo di suolo — perdita di servizi ecosistemici, minore fertilità, rischio alluvioni — vale oltre 10 miliardi di euro l’anno. Soldi che nessun PNRR riuscirà mai a recuperare.
Cementificare è una scelta (politica)
Il SNPA lo dice senza giri di parole: “Un ritmo non sostenibile, aggravato dall’assenza di una legge nazionale efficace sul consumo di suolo.” E mentre l’Europa punta a “zero consumo netto” entro il 2050, in Italia il tema resta intrappolato tra burocrazie e silenzi.
Intanto le amministrazioni locali si affannano a “valorizzare il territorio” auspicando nuove autostrade e concedendo permessi per capannoni e logistiche, spesso giustificate da promesse occupazionali che evaporano in pochi anni. Signori, non giriamoci intorno, questo è il progresso del Masterplan sponsorizzato da Comuni e Associazioni di Categoria. Insomma, una ZLS ci seppellirà.
Ma il vero lavoro — quello che dura, che genera ricchezza reale — nasce su un suolo vivo, fertile, non su un pavimento di cemento. Primo a poi anche l'area omogenea Cremasca si occuperà di questo? E in Provincia qualcuno batterà un colpo?
Cremona, ultima chiamata
La provincia di Cremona è un laboratorio perfetto di quello che succede in tutta Italia: un territorio fertile, ricco di acqua, biodiversità e cultura agricola, sacrificato sull’altare del profitto rapido.
Un tempo era la terra delle cascine e dei fossi, ora rischia di diventare la terra dei TIR, dei pannelli e dei capannoni.
La cementificazione non è progresso: è una lenta eutanasia del paesaggio, travestita da sviluppo. E quando ci accorgeremo che il suolo non si produce in fabbrica, sarà troppo tardi per rimediare.
La foto in alto è di Mauro Gaimarri - http://www.officinafoto.it/ - Si ringrazia per la gentile concessione.
Marco Degli Angeli
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