L'inchiesta

20 giu 2025
Deposito coils Arvedi

Cavatigozzi, quel "deposito temporaneo" diventato permanente (ora di coils). E il progetto di mitigazione non ancora realizzato

Tutto inizia nell'estate 2020. Siamo nel cuore della pandemia, l’attenzione pubblica è altrove. In via Acquaviva, nell’area industriale in gestione all’acciaieria Arvedi, compare un deposito di rottami ferrosi. Per la precisione è il 29 giugno 2020, quando l’azienda comunica l’attivazione di un’area di stoccaggio temporanea per rottami metallici in via Acquaviva in attesa del ripristino di un forno. Una semplice comunicazione di inizio attività, che doveva coprire un periodo limitato, fino al 30 dicembre 2020.

Il terreno? Un’area demaniale concessa al gruppo Arvedi dalla Provincia e da AIPO nel 2005 (di durata trentennale), destinata – secondo quanto si evincerebbe dal disciplinare –  alla realizzazione o al prolungamento di capannoni industriali.

Invece dei capannoni, fino allo scorso autunno, i residenti di Cavatigozzi si sono trovati di fronte a una distesa a cielo aperto di rottami metallici, movimentati quotidianamente con un impatto rilevante: rumori continui, boati metallici, polveri sollevate dal transito dei mezzi pesanti e dal materiale stoccato.

Sono trascorsi oltre 4 anni, ma quel deposito doveva essere temporaneo... e soprattutto doveva servire a preparare un futuro progetto, più strutturato, con tanto di capannone coperto, barriere fonoassorbenti e mitigazioni ambientali.

Oggi (da fine 2024), il deposito di rottami è stato spostato su via Riglio – a poche centinaia di metri – mentre l’area originaria è stata riconvertita in deposito di coils, i grossi rotoli di acciaio. Cambia la merce, non la sostanza: una soluzione temporanea che nel tempo si è consolidata, in assenza di evidenza pubblica dell’approvazione di nuove opere strutturali o di un aggiornamento della valutazione d’impatto ambientale.

E la copertura e la barriera antirumore tra le ferrovia di via Acquaviva ed il quartiere residenziale per ridurre i rumori dei  locomotori che passano a poco più di 10 metri dalle case? Nulla, il progetto sembra essere finito in un limbo amministrativo: non risultano aggiornamenti pubblici disponibili né comunicazioni chiare sullo stato dell’iter.

E se i rottami metallici sono scomparsi, rimane il rumore assordante delle istituzioni. Di temporaneo, in questa vicenda, è rimasto solo l'impegno delle istituzioni.

Il progetto mai realizzato

Nel 2021 si era parlato di una soluzione concreta: un progetto di copertura del deposito con capannoni insonorizzati, una barriera verde, pannelli fonoassorbenti. Ma di quel progetto oggi non si sa più nulla. Ritirato, archiviato, dimenticato e ad oggi non c'è nessuna chiarezza sullo stato dell'iter, anche perché l'osservatorio sulle attività metallurgiche coordinato dal Comune di Cremona (che avrebbe dovuto condividere, monitorare e accompagnare questo tipo di evoluzioni), sembra oggi in uno stato di perenne sospensione operativa.

La destinazione d'uso

C'è poi un ulteriore nodo non secondario: la coerenza della destinazione d’uso dell’area con la concessione demaniale. Il disciplinare sembrerebbe prevedere che l’area sia destinata alla realizzazione di impianti industriali coperti (prolungamento di esistenti o di nuova costruzione). Non si trova tra le carte, invece, l’uso come piattaforma di carico/scarico e deposito a cielo aperto a pochi metri dalle abitazioni. Ma nessuna istituzione, finora, ha voluto fino ad oggi assumersi l'onere di affrontare  la questione pubblicamente e  in modo formale per dirimere in modo incontestabile la questione.  

Una storia emblematica

La vicenda del deposito di via Acquaviva è emblematica. Racconta di una temporaneità che diventa struttura, di un progetto annunciato e poi inghiottito dalla burocrazia e dalla lentezza, e di una politica che osserva, annota, ma non agisce o perlomeno non sembra aver prodotto risposte pratiche e visibili.

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Marco Degli Angeli

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