L'inchiesta
11 dic 2025
Inquinamento e tagli del governo: cosa rischia Cremona a livello sociale e sanitario se il fondo anti-smog del bacino padano verrà davvero ridotto
Quando l’aria diventa un numero di bilancio, la domanda vera si fa brutale: quanti soldi siamo disposti a togliere alla salute dei cittadini? La denuncia dell’ex ministro Sergio Costa — secondo cui nella Legge di Bilancio sarebbe previsto un taglio del 63% al fondo per la qualità dell’aria nel bacino padano (qui il nostro articolo) — riporta al centro una questione che a Cremona ha un valore molto più concreto che politico: qui l’aria non è un tema ideologico, è un dato sanitario.
Il Governo potrà confermare o smentire nelle prossime ore l’entità dei tagli. Ma un fatto è già certo: qualsiasi riduzione consistente dei fondi destinati alla Pianura Padana avrebbe un impatto diretto e misurabile su questo territorio, uno dei più vulnerabili d’Italia ed Europa sul fronte smog.
La Pianura Padana è un laboratorio della crisi atmosferica: Cremona ne è al centro
Chi vive in provincia di Cremona lo sa senza dover attendere report e graduatorie europee: qui l’inquinamento non è un’eccezione, ma una condizione strutturale. Le concentrazioni di PM2.5 registrate nel 2024 dalle centraline di ARPA Lombardia parlano da sole:
- Soresina ha fatto segnare una media annua attorno ai 25 µg/m³,
- Cremona città si colloca poco sotto, intorno ai 23 µg/m³.
- Crema non viaggia su sintonie migliori.
Valori che non solo superano ampiamente le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (10 µg/m³), ma che mantengono Cremona e il suo hinterland tra le zone più critiche del Paese. In diverse ricerche negli ultimi anni, Cremona è comparsa nelle classifiche europee delle città con le concentrazioni di particolato più elevate.
E mentre la scienza continua a ricordarci che l’esposizione cronica al PM2.5 aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, ictus, patologie respiratorie e peggioramento dell’asma, nati pretermine, i numeri nazionali fotografano un peso enorme: in Italia, nel 2023, si stimano oltre 43.000 decessi attribuibili a lungo termine all’esposizione al PM2.5. Una quota non marginale arriva proprio dal Nord, dove si concentra l’aria peggiore del Paese.
La forza dell’inquinamento del bacino padano sta nel suo essere multifattoriale. E Cremona ne incarna l’equilibrio più delicato.
1. Il ruolo dell’agricoltura intensiva
La provincia è una delle capitali italiane della zootecnia. Le emissioni di ammoniaca (NH₃) — prodotte da liquami, letami e fertilizzanti azotati — sono tra le principali responsabili della formazione del particolato secondario. Non a caso la Lombardia è la regione con le emissioni di ammoniaca più elevate d’Italia, e il Cremonese ne è uno dei poli maggiori.
Ridurre l’NH₃ è tecnicamente possibile (coperture, iniezione dei fertilizzanti, tecniche di spandimento più avanzate), ma richiede razionalizzazione, incentivi, formazione e investimenti.
2. Industria e grandi impianti soggetti ad AIA
Nel territorio cremonese sono attivi diversi impianti industriali rilevanti, sottoposti ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Le AIA prevedono controlli, prescrizioni e monitoraggi, ma questi stessi meccanismi funzionano solo se adeguatamente finanziati: meno risorse significa meno ispezioni, meno tecnologia, meno capacità di intervenire sugli impatti emissivi.
3. Traffico e riscaldamento
Come in tutto il Nord Italia, anche qui il traffico veicolare e la combustione domestica contribuiscono al carico complessivo di PM2.5 e NOx. La conformazione geografica — una conca chiusa dove l’aria ristagna — fa il resto.
Se davvero arriveranno i tagli: cosa significherebbe per Cremona
La riduzione dei fondi destinati al miglioramento della qualità dell’aria nel bacino padano avrebbe conseguenze tangibili, non teoriche.
Per Cremona, in particolare, significherebbe:
1. Meno misure per ridurre l’ammoniaca in agricoltura.
Tecniche avanzate per abbattere le emissioni (piani di riduzione dei capi allevati, riconversione, coperture delle vasche, spandimento a bassa emissione, digestione anaerobica) richiedono finanziamenti: senza risorse, restano sulla carta.
2. Rallentamento degli interventi su traffico e riscaldamento
ZTL, elettrificazione del parco mezzi, sostituzione delle caldaie più inquinanti: sono settori che dipendono dai bandi statali o regionali. Un taglio significa che molte amministrazioni non avranno più strumenti finanziari per agire.
3. Minore capacità di controllo sulle industrie AIA
Monitoraggi, verifiche, attuazione delle prescrizioni: se i fondi si riducono, i controlli rischiano di diventare più sporadici.
4. Problemi di salute amplificati
Un territorio che parte svantaggiato, con medie annuali già sopra i 20 µg/m³, non può permettersi rallentamenti. Ogni microgrammo in più di PM2.5 si traduce — la letteratura medica lo ripete da anni — in un aumento del rischio di ricoveri, aggravamenti di patologie e mortalità.
5. Rischio di nuove procedure di infrazione europee
La Pianura Padana è già soggetta a procedimenti per il mancato rispetto dei limiti di qualità dell’aria. Tagliare i fondi significa potenzialmente esporsi a sanzioni europee che ricadrebbero poi sui bilanci pubblici.
È probabile che nelle prossime settimane emergerà una versione definitiva del testo di bilancio che chiarirà entità e natura dei tagli. Ma al di là della partita politica, una cosa è chiara: la qualità dell’aria nella Pianura Padana è un problema nazionale che si manifesta in modo acuto proprio qui, nel cuore agricolo e industriale lombardo.
Se i fondi verranno ridotti davvero, il messaggio per territori come Cremona è semplice e inquietante: “arrangiatevi con l’aria che avete”.
E l’aria che abbiamo oggi — lo raccontano le centraline, non le opinioni — non è compatibile con un futuro sereno per la salute dei cittadini.
È il momento in cui la politica deve decidere se questa parte d’Italia merita di respirare meglio oppure se può continuare a farlo… solo quando tira il vento giusto.
Ma fino a quando la priorità sarà quella di tornare a riarmare l'Italia e l'Europa fino ai denti…
Marco Degli Angeli
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