L'inchiesta

21 giu 2025
Tamoil Cremona

Tamoil, fatturati alti a fronte di pochi posti di lavoro ma compensazioni irrisorie. E nel frattempo, per la bonifica, campa cavallo

Mentre il dibattito pubblico resta focalizzato sull’impiego dei 2,4 milioni ricevuti da Tamoil come risarcimento a seguito della causa promossa da Gino Ruggeri, una domanda continua a rimanere inevasa: chi sta davvero guadagnando da questa vicenda? La risposta, come spesso accade, sta nei numeri.

Tamoil Raffinazione Spa, con sede a Cremona, continua a generare fatturati milionari: quasi 80 milioni di euro complessivi negli ultimi cinque esercizi pubblicati (2019‑2023), con oltre 17 milioni solo nel 2023. Gli utili quinquennali superano i 2,7 milioni € (823 mila € nel 2023). Le compensazioni ai territori? Un miraggio.

Nel frattempo, mentre si accendono i riflettori sui progetti “verdi” e sui campi fotovoltaici, le falde acquifere e il suolo di Cremona – come denuncia la Canottieri Bissolati – resterebbero contaminati, e l’Osservatorio Tamoil funziona (eufemisticamente parlando) a intermittenza da anni.

Sì, perché se da un lato l’attività di raffinazione è cessata ormai da tempo, Cremona continua a ricoprire un ruolo centrale nello stoccaggio petrolifero a livello nazionale. La città è un nodo nevralgico di una rete logistica che ogni anno movimenta e immagazzina oltre 2,5 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi, equivalenti a più di 17 milioni di barili di greggio. Un vero e proprio hub, collegato da una lunga pipeline logistica che parte da Venezia e arriva Genova, attraversa Cremona e raggiunge le raffinerie di Trecate (Esso/API), Sannazzaro (ENI) e Lacchiarella, consentendo da anche l’importazione di prodotti finiti da Genova.

Nell’area alle porte della città, gli impianti di stoccaggio hanno una capacità di quasi 380 000 m³ – oltre 2,1 milioni di barili – destinati a rifornire le principali compagnie petrolifere italiane e, da alcuni anni, anche l’Organismo Centrale delle Scorte Italiane, che garantisce riserve strategiche nazionali e oggi occupa un terzo del sito cremonese.

Un settore fiorente, dunque. Un dato emblematico: prima della crisi energetica, peggiorata dalla guerra tra Russia e Ucraina, il prezzo del greggio è passato da circa 70 a 115 $ al barile nel giro di pochi mesi (24 febbraio 2022, inizio del conflitto). Oggi il prezzo si mantiene ben oltre i 75 $ e gli scenari geopolitici fanno pensare a ulteriori rincari nel medio periodo.

Tutto ciò conferma i notevoli guadagni del settore e i possibili extraprofitti generati da crisi e instabilità, senza che le multinazionali del petrolio abbiano finora riconosciuto compensazioni ambientali significative ai territori impattati, né si siano concretamente coinvolte nella bonifica delle aree contaminate.

Attualmente, Tamoil Raffinazione impiega circa 40 dipendenti, ovvero meno dello 0,1 % della forza lavoro cittadina. Un’enorme mole di profitti a fronte di pochi posti di lavoro, danni ambientali certificati da condanne passate in giudicato, e un risarcimento simbolico: briciole per contenere l’impatto di oltre 42 tonnellate di idrocarburi (tra cui benzene, xilene, toluene) sversati nel suolo cremonese tra il 2001 e il 2006, inquinando circa 16,8 milioni di metri cubi d’acqua.

I soldi che distraggono

Nel 2024 il Ministero dell’Ambiente ha richiesto a Tamoil 8,5 milioni di euro aggiuntivi come risarcimento. Ma la società ha presentato ricorso, bloccando tutto. Le questioni irrisolte sono però  numerose e non riguardano solo gli aspetti economici. La bonifica dell’area è sparita dai radar: nessun progetto concreto, nessun finanziamento, e la cosiddetta barriera idraulica – secondo i legali della Canottieri Bissolati – è «uno straccio per fermare una cucina allagata».

Eppure si continua a parlare solo dei 2,4 milioni, ignorando del tutto il tema ambientale e sanitario. Da parte delle istituzioni e dell’amministrazione pubblica, il silenzio è assordante. Un sindaco potrebbe agire con maggiore incisività, coinvolgendo prefettura, ARPA, ATS e altri livelli istituzionali. Potrebbe davvero coinvolgere la cittadinanza, rialzando finalmente la testa. Cremona, peraltro, ha sempre avuto una significativa rappresentanza parlamentare e governativa. Eppure si è lasciata cadere l’opportunità di inserire il sito Tamoil tra i SIN (Siti di Interesse Nazionale) e di far rientrare la città nel progetto Sentieri, finanziato dal Ministero della Salute, per lo studio epidemiologico delle aree inquinate.

Brescia con la Caffaro, Mantova con il petrolchimico lo hanno fatto: hanno ottenuto fondi per la bonifica e un monitoraggio sanitario e ambientale costante. A Cremona, invece, il termine bonifica sembra dimenticato. Petrolio, impianti per lo stoccaggio di gas in sovrapressione, biometano, biogas: tutto ciò ha trasformato la nostra provincia in una colonia energetica, priva di studi sugli impatti cumulativi, senza monitoraggi epidemiologici, senza pianificazione né politiche efficaci a tutela dei cittadini e dell’interesse pubblico.

Eh sì, ha proprio ragione chi affermava che "Discutere se piantare alberi o abbellire piazze con quei soldi è come litigare su come decorare la cabina del Titanic", ma in sottofondo non c'è la voce di Celine Dion,  ma risuona un verso dei System of a Down: “Eating seeds as a pastime activity. The toxicity of our city, of our city".

Mentre tutto intorno si degrada e si inquina.

Marco Degli Angeli

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