Il commento
10 lug 2025
Epidemie negli allevamenti intensivi e pioggia di fondi pubblici per risarcire gli allevatori. A pagare sono i cittadini, eppure l'alternativa ci sarebbe
Spoiler: commento altamente impopolare. Ma come dicono gli americani, la notizia è sacra, il commento libero.
Dato oggettivo: negli ultimi anni, negli allevamenti intensivi (di cui il territorio cremonese abbonda) si assiste a un continuo proliferare di epidemie tra il bestiame. Pensiamo all'aviaria, ma anche ai più recenti casi di dermatite nodulare bovina o alla Peste Suina Africana (PSA).
Un grave danno per gli allevatori, chiaro. Ma perché tocca ai cittadini mettere mano al portafoglio per rifondere gli allevamenti per epidemie che comportano l'abbattimento dei capi con conseguente danno economico per gli allevatori?
Perché in molti casi, sia chiaro, non si vuole qui generalizzare, tocca ai cittadini rifondere gli allevatori per danni causati da pratiche di allevamento non ideali sotto il profilo igienico e sanitario nonché sotto quello del benessere animale?
I casi documentati sono moltissimi: è sufficiente scorrere i reportage realizzati da molte organizzazioni animaliste, Food for Profit, per esempio, così come da trasmissioni come Report, per rendersene conto. Animali allevati in condizioni indegne, carcasse abbandonate, polli e suini ammassati così che è sufficiente che un capo si ammali per avere un'epidemia in un amen.
Una volta che il danno è fatto, a pagare sono tutti: gli allevatori che rispettano le regole così come i cittadini che nulla hanno a che vedere con gli allevamenti intensivi, magari perché vegetariani o semplicemente perché si riforniscono da piccoli allevamenti, bypassando la grande distribuzione.
Però, non appena emerge un caso che comporta l'abbattimento di capi con conseguente danno economico per gli allevatori, la Regione è chiamata a intervenire. A trovare risorse economiche per rifondere gli stessi allevatori.
Il problema è che la Regione non conia moneta e quei fondi da dove arrivano? Dai cittadini, dalle loro tasse e dagli introiti percepiti dalle Regioni e dallo Stato.
E' sufficiente scorrere le cronache recenti per rendersene conto, per capire come i consiglieri regionali, di destra, sinistra, centro, siano attivi nel sollecitare la Regione a rifondere gli allevatori, quasi si trattasse di una lobby che la politica deve proteggere a ogni costo (siamo lontani dalla realtà?).
Ultimo esempio in ordine cronologico? La Peste Suina Africana. Comunicato stampa inviato per conto del consigliere regionale Matteo Piloni: “Si è svolta oggi in commissione Agricoltura l’audizione, richiesta dal gruppo consiliare del Partito Democratico, con l’assessore regionale all’Agricoltura Alessandro Beduschi, in merito allo stato di avanzamento delle azioni introdotte per contrastare l’epidemia di Peste Suina Africana (PSA) e per la gestione dei danni conseguenti. La nostra richiesta di audizione è stata evidentemente miracolosa, perché proprio stanotte è arrivata la notizia di un possibile stanziamento di ulteriori 10 milioni di euro per gli indennizzi indiretti. Una somma che si aggiungerebbe ai 15 milioni già certi e che andrebbe a coprire, almeno in parte, un fabbisogno stimato oggi in circa 30 milioni, e non più i 39 richiesti invece dagli allevatori”.
Tutto chiaro, no? E se non lo fosse, Piloni precisa che “il Fondo per il sostegno della filiera suinicola è stato istituito dal governo Draghi nel gennaio 2022 e oggi si sta purtroppo esaurendo. Ci auguriamo che questi 10 milioni si traducano quanto prima davvero in provvedimenti concreti, già nei prossimi giorni, perché gli allevatori stanno vivendo una situazione estremamente difficile”.
Pioggia di soldi sugli allevamenti a fronte di un'epidemia che ha colpito i suini, dunque. Ma, si ribadisce, i soldi la Regione non li trova sotto i ponti e nemmeno al termine dell'arcobaleno, come nelle favole irlandesi.
La Regione quei soldi li stanzia attingendo dal bilancio e dai fondi statali. In un caso e nell'altro, fondi pubblici, dei cittadini.
Altro esempio. Dermatite nodulare, sempre una richiesta di Piloni alla giunta regionale per sapere “se si sta pensando a bandi volti a sostenere economicamente le aziende agricole nel miglioramento delle strutture e delle pratiche di biosicurezza in funzione preventiva”.
Bene, miglioramento delle strutture e delle pratiche per tentare di risolvere il problema alla fonte. Ma con quali soldi si imbastiscono i bandi? Con denaro pubblico.
Eppure una soluzione alternativa ci sarebbe. L'ha illustrata la giornalista di Food for Profit nonché collaboratrice di Report, Giulia Innocenzi, nell'intervista rilasciata qualche giorno fa a Cremona Libera (qui l'articolo integrale).
“Le alternative ci sono eccome – ha detto Innocenzi –. Basti pensare che in molti paesi europei gli allevatori sono obbligati a pagare di tasca loro le assicurazioni per le malattie nei loro allevamenti, sollevando così i cittadini. E questo è anche un incentivo per gli allevatori stessi, che sono spronati a migliorare le loro pratiche di allevamento”.
Non è fantascienza, è realtà. Applicata in molti paesi europei, pertanto nulla di trascendentale. In Italia no. In Italia è un continuo bussare alle porte delle istituzioni per chiedere fondi per i risarcimenti.
E' chiaro che il problema non può essere risolto in chiave locale e men che meno regionale. Servirebbe un provvedimento governativo. Ma perché non prendere in considerazione l'alternativa?
Come dice Giulia Innocenzi, con polizze assicurative, i cittadini sarebbero sollevati da questi oneri e gli allevatori stessi sarebbero i primi a impegnarsi per pratiche di allevamento adeguate, riuscendo, alla lunga, ad arginare il rischio epidemie.
Sulla carta suona semplice e ragionevole. E' nel mondo reale, quello italiano fatto di sussidi, finanziamenti, lobby e politica, che tutto diventa difficile.
E ora, abbattetemi pure.
Federico Centenari
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